sabato 19 febbraio 2011

"Prove di Nuovo Egitto", un ottimo pezzo di Paola Caridi che vogliamo proporre sui cambiamenti che stanno accadendo in questi giorni in Egitto.

In attesa di proseguire la serie su alcuni dei volti più importanti della Rivoluzione egiziana voglio aggiornarvi, riprendendo un pezzo della solita ottima Paola Caridi, sull'evoluzione in corso, rapidissima, in Egitto.

da: invisiblearabs.com
"Prove di un nuovo Egitto"
di Paola Caridi

"Decisioni non rapidissime, ma abbastanza veloci, quelle che sta prendendo il Consiglio Militare Supremo in Egitto. Un percorso incomprensibile, in una dimensione europea, in cui l’idea di un consiglio militare chiamato a gestire una transizione importante, per alcuni versi imponente, come quella egiziana fa venire i brividi. Bisogna, però, riportare il tutto alla dimensione nazionale, per riuscire a capire meglio quello che sta succedendo al Cairo, dopo la fine del primo capitolo – quello eroico – della rivoluzione del 25 gennaio.

Decisioni veloci, dunque. Un parlamento sciolto, soprattutto. Decisione che non deve far accapponare la pelle a chi ha a cuore la democrazia, perché quel parlamento era tutto fuor che democratico, frutto di brogli, e di una gestione delle ultime elezioni del novembre 2010 che avrebbero dovuto – quelle sì – far alzare la voce alle cancellerie occidentali. La voce non si alzò, allora, in nome di una stabilità egiziana che si è scoperto essere, dopo appena due mesi, solo di facciata. Anzi, quel parlamento è stato l’ultimo scandalo che ha fatto traboccare il vaso egiziano, perché la vittoria a mani basse dello NDP (ti piace vincere facile? Dice la pubblicità), senza neanche più la voglia di fico di una opposizione presentabile, ha fatto comprendere agli egiziani che ormai non c’era più neanche da perdere. Se non l’onore e la dignità.
Parlamento sciolto, dunque, e ora un comitato per i necessari aggiustamenti costituzionali composto da otto membri. Otto giuristi, tutto sommato rispettati, con un solo copto, un membro dei Fratelli Musulmani di Alessandria (Sobhi Saleh, ex capo del gruppo parlamentare nella legislatura 2005), e soprattutto un presidente del comitato che è considerato il capofila dei pensatori dell’islamismo moderato, Tareq al Bishry. Rispettato per le sue posizioni estremamente critiche verso Mubarak, conosciuto in ambito internazionale (partecipò a uno dei volumi dell’Onu sullo sviluppo umano nel mondo arabo, quello del 2003 sulla ‘società della conoscenza’), Tareq al Bishry non si è tirato appresso molte accuse. Certo, però, non accontenta la parte decisamente laica dell’Egitto, che teme una presenza troppo forte dell’islam politico moderato.
Perché, allora, il Consiglio Supremo Militare ha scelto questa posizione tutto sommato centrista nello scegliere i nomi del comitato? Perché, per esempio, non ha messo Zakaria Abdel Aziz, ex presidente del club dei giudici e strenuo oppositore di quegli emendamenti costituzionali del 2005 che ora bisogna ri-emendare? Due possibili risposte. La prima: i militari seguono in questo modo quella maggioranza silenziosa conformista (in termini semplici, all’italiana, la definirei: democristiana, da prima repubblica), non la scontentano e nello stesso tempo indicano un nome rispettato come quello di Tareq al Bishri. La seconda: potrebbero riservarsi il nome di Zakaria Abdel Aziz per un altro momento, per le altre decisioni che debbono essere prese. Anzitutto, quella relativa al governo di transizione, perché l’idea che a gestire l’ordinaria amministrazione ci sia ancora l’ultimo esecutivo designato da Hosni Mubarak fa arrabbiare molti. Compresi i ragazzi di Tahrir. I blogger e gli attivisti, peraltro, hanno già indicato una rosa di nomi possibili per un governo che guidi la transizione. Sono i nomi dell’Egitto pulito, e vale la pena di leggerseli nel blog di Alaa & Manaal.
Stay tuned. La storia della rivoluzione egiziana non è ancora finita… Altro punto di svolta, ma ne parlo un’altra volta, è al decisione dei Fratelli Musulmani di creare un partito. Decisione già presa alcuni anni fa, ma bloccata dalla discussione infinita sul programma politico, che aveva spaccato conservatori e riformatori dentro l’Ikhwan. Ora si potrebbe fare. Domanda: se la spaccatura continuasse, dall’Ikhwan nascerebbero uno o due partiti?"

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