sabato 26 febbraio 2011

Da Tripoli (bel suol d’amore) a Shuhada Street di Paola Caridi


Ancora una volta affido il mio pensiero alle ottime parole di Paola Caridi che sembra leggermi nel pensiero. Bravissima come sempre, dal suo blog: invisiblearabs.com
Grazie a Massimo Gramellini, perché il suo commento di oggi riporta la Storia e gli individui al centro della discussione. Gramellini difende i ragazzi di Tahrir, in sostanza. Molti dei commenti che sono stati postati sul suo blog sulla Stampa, a dire il vero, mostrano invece con chiarezza che il razzismo ha preso piede in Italia. Un razzismo becero, perché solo becero può essere il razzismo, che con la scusa del “non sappiamo se gli arabi sanno essere democratici” considera gli arabi, appunto, esseri inferiori. Incapaci di pensare, di ragionare, di gioire, di sognare, di costruire la propria casa. L’insegnamento – in questo caso, nel caso di molti dei commenti che contestano il pensiero di Gramellini – dovrebbe venire da noi, da noi europei che abbiamo fatto affari per decenni con autocrati, dittatori ed emiri, senza porci problemi di sorta. E dovrebbe venire, l’insegnamento, da noi italiani che in questi anni non brilliamo proprio di luce propria, dal punto di vista della democrazia compiuta, dello Stato di diritto e della difesa della divisione dei poteri. Eppure, vogliamo insegnare agli altri la democrazia. Mah.
Comunque, mentre sulla Libia continuiamo a non farci l’esame di coscienza, e non pensare alle nostre colpe di vecchi colonizzatori e colonialisti, il mondo va avanti. E il mondo arabo continua a mostrare tutta la sua insoddisfazione e la sua fame di democrazia. Con i grandi numeri, i numeri di piazza Tahrir, dove ieri sono scesi in piazza centinaia di migliaia di egiziani per chiedere “pulizia”, cioè la fine reale del regime messo in piedi da Hosni Mubarak. In sostanza, chiedendo le dimissioni dell’ultimo governo designato da Mubarak, quello presieduto dall’ex generale Ahmed Shafiq, per evitare una controrivoluzione strisciante. Ad Amman, manifestazione importante, sempre ieri, e la Giordania è un paese da tener d’occhio, perché le tensioni verso una monarchia che non risponde più alle richieste di democrazia reale sono sempre più alte. E poi Hebron, la palestinese Khalil. Una notizia che forse non avete letto da nessuna parte, e che pure è una piccola notizia alla quale badare. Ieri circa mille persone hanno manifestato per la riapertura di Shuhda Street, in sostanza per la riapertura della città vecchia di Khalil/Hebron, da oltre quindici anni una città fantasma.
Il capoluogo della Cisgiordania meridionale vive una condizione unica. Cuore della Cisgiordania, ha nel suo centro storico una colonia di israeliani radicali che stanno distruggendo la vita quotidiana dei palestinesi che lì vivono. 500 israeliani in una città da 100mila abitanti, collegati alla catena di colonie radicali, da Kiryat Arba in poi. Ebbene, non è un caso che la manifestazione si sia svolta un 25 febbraio, perché il 25 febbraio del 1994 vi fu la più sanguinosa strage, quella compiuta da Baruch Goldstein, colono, dentro la moschea Ibrahimi, la più importante di Palestina dopo quella di Al Aqsa a Gerusalemme. Moschea dedicata a Ibrahim/Abramo, dentro la Tomba dei Patriarchi. Era ramadan, e i fedeli in preghiera furono uccisi dalle sventagliate di mitra di Goldstein. 29 i morti, oltre cento i feriti. Quaranta giorni dopo il massacro di Hebron, Hamas compì il primo attentato terroristico suicida, per la regola dell’occhio per occhio, nell’ultimo giorno del lutto musulmano (per chi ne vuol sapere di più, ne ho parlato nel IV capitolo nel mio libro su Hamas, edizioni Feltrinelli). Da allora, Hebron vive in una situazione particolare, i cui simboli sono gli osservatori internazionali del TIPH, l’apertura a singhiozzo della Moschea Ibrahimi (per questioni di sicurezza…) e Shuhada Street. Ieri erano in mille a manifestare, e questo significa che il vento di Tahrir ha anche raggiunto la Palestina. In piccolo, con piccole manifestazioni, ma è uno stato della mente a essere cambiato. Ora, a parlare per la strada, si percepisce che i ragazzi pensano ora che cambiare sia possibile. Si ragiona di nuovo, si riflette sulla soluzione possibile al conflitto. Si ragione a est, e si ragiona a ovest. Un esempio per tutti: quello che Yossi Rapoport propone in un suo commento su972mag, sito di riflessione del pacifismo israeliano. Basta negoziati, torniamo al 1967, riportiamo centrale la questione dei rifugiati palestinesi, se vogliamo parlare allo stesso tempo dei coloni… Si può essere d’accordo o meno, ma una cosa è chiara. Niente è più come prima. Neanche qui, a Gerusalemme.

venerdì 25 febbraio 2011

A proposito di rivolte...intervista ad uno dei massimi teorici marxisti contemporanei


È primavera - Intervista a Toni Negri

Creato il 11 agosto 2010 da Andreaintonti
È primavera - Intervista a Toni NegriNon deve essere facile intervistare Antonio Negri. Non deve essere facile perché Toni Negri è...Toni Negri. Uno dei più importanti pensatori moderni a cui questo paese abbia dato i natali (e le patrie galere...). Non deve essere facile perché la biografia di Toni Negri ti porterebbe ad inchinarti dinanzi a lui ed omaggiarlo come si faceva con i "grandi", in particolare se come me (e - credo - anche come Claudio Calia che ha realizzato questo libro) è un mito vivente. Eppure Claudio Calia c'è riuscito, e c'è riuscito nella maniera forse più difficile: scrisegnando, come ho trovato scritto gironzolando un po' in rete. Già, perché "È primavera - intervista a Antonio Negri" non è la tipica intervista che potrebbe chiedere il tipico e novecentesco quotidiano di una sinistra "estrema" che non esiste più e che spesso risulta solo una lunga sequela di citazioni filosofiche che fanno molto sinistra radical-chic. Non è la tipica intervista perché per le 160 pagine ad una lunga serie di tavole lungo cui l'autore delinea una chiacchierata (tempisticamente svoltasi in quattro incontri) con l'autore di "Impero" e "Moltitudine". Già, perché "È primavera - intervista a Antonio Negri" è un fumetto.
Non sono un grande cultore di fumetti, ma quest’opera mi piace – e non poco – per due motivi in particolare: innanzitutto per l’intervistato, cioè uno degli intellettuali (o, se volete, uno dei più grandi “cattivi maestri” di questo paese…) probabilmente una delle persone più odiate dalla popolazione italiana (secondo me perché un buon 90% della suddetta popolazione non ha il bagaglio culturale per capirne il pensiero), e secondo perché ogni medium che abbia un risvolto sociale diventa automaticamente di mio interesse. E questo filone fumettistico definito graphic-journalism devo dire che mi piace non poco.
L’intento – dichiarato o meno che sia – dell’autore e dell’editore BeccoGiallo è molteplice: il primo e più importante è, ovviamente, quello di divulgare il pensiero negriano. Il secondo – importante probabilmente allo stesso modo – è quello non solo di ampliare la cerchia di persone che si innamorano di quel genere di fumetto che rientra nella casistica indipendente (considerando anche che Calia, per altro autore anche di altre storie di graphic-journalism come quella su Porto Marghera è cresciuto alla scuola di Radio Sherwood, una delle primissime radio di movimento italiane), ma anche quello di provare a sfruttare in chiave positiva uno dei principali difetti della società moderna, una società che – ce lo sentiamo ripetere da più parti – si fonda sull’immagine.
Dunque quale miglior soluzione di un giornalismo grafico? Quale miglior soluzione – nell’epoca del monopolio delle immagini – di un tipo di giornalismo d’inchiesta fatto per immagini?
L’ultimo motivo per cui "È primavera - intervista a Antonio Negri" è un motivo prettamente politico: è completamente scaricabile. Cliccando sull’immagine in apertura (o, per chi avesse problemi, cliccando qui:http://www.globalproject.info/public/resources/pdf/Intervista_Antonio_Negri_free1.pdf) vi si aprirà un bel testo di 160 pagine in formato .pdf che potrete comodamente stampare e leggere con calma oppure – se non vi va di consumare carta – potete benissimo leggervelo stando seduti davanti allo schermo del vostro pc, magari in una noiosa giornata estiva in cui la calura eccessiva non vi permette di stare fuori. L'aspetto politico è dato dal fatto che la libera diffusione della conoscenza si pone in contrasto con la società odierna in cui la privatizzazione è entrata a far parte del suo dna. Non so se sia la soluzione, ma tra la società della proprietà privata e quella del "creative commons" io scelgo quest'ultima.
Come vedete non ho speso troppe parole per descrivere l’intervistato. Scelta dettata dal fatto che per chi conosce Toni Negri non c’è alcun bisogno di presentazione alcuna. Per tutti gli altri basta semplicemente scorrere queste 160 pagine…
Detto questo, buona lettura a tutt*
da http://it.paperblog.com/e-primavera-intervista-a-toni-negri-89509/

sabato 19 febbraio 2011

Focus: The Muslim Brotherhood and the Egyptian Uprising

"Prove di Nuovo Egitto", un ottimo pezzo di Paola Caridi che vogliamo proporre sui cambiamenti che stanno accadendo in questi giorni in Egitto.

In attesa di proseguire la serie su alcuni dei volti più importanti della Rivoluzione egiziana voglio aggiornarvi, riprendendo un pezzo della solita ottima Paola Caridi, sull'evoluzione in corso, rapidissima, in Egitto.

da: invisiblearabs.com
"Prove di un nuovo Egitto"
di Paola Caridi

"Decisioni non rapidissime, ma abbastanza veloci, quelle che sta prendendo il Consiglio Militare Supremo in Egitto. Un percorso incomprensibile, in una dimensione europea, in cui l’idea di un consiglio militare chiamato a gestire una transizione importante, per alcuni versi imponente, come quella egiziana fa venire i brividi. Bisogna, però, riportare il tutto alla dimensione nazionale, per riuscire a capire meglio quello che sta succedendo al Cairo, dopo la fine del primo capitolo – quello eroico – della rivoluzione del 25 gennaio.

Decisioni veloci, dunque. Un parlamento sciolto, soprattutto. Decisione che non deve far accapponare la pelle a chi ha a cuore la democrazia, perché quel parlamento era tutto fuor che democratico, frutto di brogli, e di una gestione delle ultime elezioni del novembre 2010 che avrebbero dovuto – quelle sì – far alzare la voce alle cancellerie occidentali. La voce non si alzò, allora, in nome di una stabilità egiziana che si è scoperto essere, dopo appena due mesi, solo di facciata. Anzi, quel parlamento è stato l’ultimo scandalo che ha fatto traboccare il vaso egiziano, perché la vittoria a mani basse dello NDP (ti piace vincere facile? Dice la pubblicità), senza neanche più la voglia di fico di una opposizione presentabile, ha fatto comprendere agli egiziani che ormai non c’era più neanche da perdere. Se non l’onore e la dignità.
Parlamento sciolto, dunque, e ora un comitato per i necessari aggiustamenti costituzionali composto da otto membri. Otto giuristi, tutto sommato rispettati, con un solo copto, un membro dei Fratelli Musulmani di Alessandria (Sobhi Saleh, ex capo del gruppo parlamentare nella legislatura 2005), e soprattutto un presidente del comitato che è considerato il capofila dei pensatori dell’islamismo moderato, Tareq al Bishry. Rispettato per le sue posizioni estremamente critiche verso Mubarak, conosciuto in ambito internazionale (partecipò a uno dei volumi dell’Onu sullo sviluppo umano nel mondo arabo, quello del 2003 sulla ‘società della conoscenza’), Tareq al Bishry non si è tirato appresso molte accuse. Certo, però, non accontenta la parte decisamente laica dell’Egitto, che teme una presenza troppo forte dell’islam politico moderato.
Perché, allora, il Consiglio Supremo Militare ha scelto questa posizione tutto sommato centrista nello scegliere i nomi del comitato? Perché, per esempio, non ha messo Zakaria Abdel Aziz, ex presidente del club dei giudici e strenuo oppositore di quegli emendamenti costituzionali del 2005 che ora bisogna ri-emendare? Due possibili risposte. La prima: i militari seguono in questo modo quella maggioranza silenziosa conformista (in termini semplici, all’italiana, la definirei: democristiana, da prima repubblica), non la scontentano e nello stesso tempo indicano un nome rispettato come quello di Tareq al Bishri. La seconda: potrebbero riservarsi il nome di Zakaria Abdel Aziz per un altro momento, per le altre decisioni che debbono essere prese. Anzitutto, quella relativa al governo di transizione, perché l’idea che a gestire l’ordinaria amministrazione ci sia ancora l’ultimo esecutivo designato da Hosni Mubarak fa arrabbiare molti. Compresi i ragazzi di Tahrir. I blogger e gli attivisti, peraltro, hanno già indicato una rosa di nomi possibili per un governo che guidi la transizione. Sono i nomi dell’Egitto pulito, e vale la pena di leggerseli nel blog di Alaa & Manaal.
Stay tuned. La storia della rivoluzione egiziana non è ancora finita… Altro punto di svolta, ma ne parlo un’altra volta, è al decisione dei Fratelli Musulmani di creare un partito. Decisione già presa alcuni anni fa, ma bloccata dalla discussione infinita sul programma politico, che aveva spaccato conservatori e riformatori dentro l’Ikhwan. Ora si potrebbe fare. Domanda: se la spaccatura continuasse, dall’Ikhwan nascerebbero uno o due partiti?"

domenica 13 febbraio 2011

Egypt Revolution: Ahmed salah April 6 Youth Movement Co-Founder


Prima puntata della serie di post sull'opposizione egiziana, iniziando dai protagonisti: Ahmed Salah del Movimento 6 Aprile

venerdì 11 febbraio 2011

Interessantissimo dibattito tra Tariq Ramadan e Slavoj Zizek

Pensiamo che possa essere molto utile per comprendere meglio la situazione dell'Egitto e del Middle East, la visione di questo alto dibattito tra due giganti del pensiero moderno, Tariq Ramadan e Slavoj Zizek.
http://english.aljazeera.net/programmes/rizkhan/2011/02/2011238843342531.html

MUBARAK SI E' DIMESSO!!! UNA DELLE GIOIE PIU' INTENSE DELLA MIA VITA!


Ora tanto resta da fare, ma questo è un passaggio storico, la caduta non solo di un dittatore ma di un simbolo che andava abbattuto! un cancro che andava asportato!

Da Repubblica online

Mubarak si è dimesso

Pieno potere a forze armate

Mubarak si è dimesso Pieno potere a forze armate
Cenatinaia di migliaia di persone festeggiano a piazza Tahrir, al Cairo, dopo l'annuncio delle dimissioni del presidente. Dalla piazza, epicentro della protesta, si leva il coro ''il popolo ha abbattuto il regime!''
(Aggiornato alle 17:19 del 11 febbraio 2011)
17:19
L'annuncio di Suleiman73
"Cittadini, in nome di Dio misericordioso, nella difficile situazione che l'Egitto sta attraversando, il presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi dal suo mandato e ha incaricato le forze armate di gestire gli affari del paese. Che Dio ci aiuti"

mercoledì 9 febbraio 2011

Ripropongo un post sulle differenti generazioni e anime all'interno del movimento dei Fratelli Musulmani.

In seguito alla lettura del bellissimo post, come sempre, della eccellente Paola Caridi  e che sonsiglio come sempre su: http://invisiblearabs.com/?p=2786
ripropongo questo mio post sulla composizione delle diverse anime all'interno dei Fratelli Musulmani in Egitto, così tanto a sproposito menzionati in questa rivolta egiziana. Come Paola non ho alcuna simpatia personale per questo movimento religioso, da laico e di sinistra ho una visione di società ben diversa, ma essendo  e i Fratelli Musulmani in questi giorni in particolare oggetto di commenti e articoli scritti da ignoranti che non hanno idea della politica mediorientale, per amore di scienza  e della conoscenza vorrei riproporre queste riflessioni.




ALCUNE IMPORTANTI OSSERVAZIONI SUL MOVIMENTO DEI FRATELLI MUSULMANI OGGI: VECCHIE E NUOVE GENERAZIONI

Per capire chi sono i famosi Fratelli Musulmani e cosa vogliono crediamo sia importante conoscere le caratteristiche della composizione sociale, politica e ideologica dell'insieme del movimento oggi, in un momento in cui le nuove generazioni stanno provocando un forte mutamento nell'ideologia del gruppo. 
Per comprendere meglio il ruolo delle nuove giovani generazioni della Fratellanza, bisogna 
esaminare la struttura generazionale della organizzazione dei Fratelli Musulmani.

Possiamo dividere la composizione sociale della Fratellenza in circa quattro generazioni principali. Dopo la generazione dei fondatori della Fratellanza, quindi di Hasan al Banna e dei suoi seguaci (di cui non è oggi rimasto nessun esponente in vita), fautori di un'islamizzazione dal basso e di un ritorno, attraverso l'adozione dell'islam come stile di vita, ad una società basata sui valori islamici e infine sulla legge islamica, che nella loro visione poteva imporsi solo quando tutto il popolo l'avesse scelta come alternativa all'imitazione dei modelli occidentali, abbiamo quella che viene chiamata la primagenerazione, denominata anche "la vecchia generazione" (al jiil al qadim). Essa è composta dai membri che hanno vissuto in prima persona la repressione nasseriana durante gli anni ‘50 e '60. Oggi, questa vecchia generazione, i cui membri hanno un’ età che va dai 60 agli 80 anni, nel suo insieme, esprime le personalità con la visione più conservatore del movimento, sotto tutti i punti di vista: ideologico, politico e religioso. Il loro obiettivo primario è la sopravvivenza del movimento e la conservazione istituzionale della Fratellanza come organizzazione coesa, e questo li rende intellettualmente rigidi e chiusi. In parte come conseguenza delle loro esperienze storiche, questa generazione tende a mettere più peso sul lavoro di da’wa sotterraneo e su altre forme di mobilitazione ideologica piuttosto che sull’azione politica.
Alcuni membri di rilievo ed esponenti di questa generazione sono la precedente Guida generale, Mahdi Akefche ha 81 anni, il mufti della Confraternita e membro dell'Ufficio Generale (di presidenza di orientamento), Sheikh Abdullah al-Khatib, che ha 80 anni, il deputato della Guida Generale,
Il secondo gruppo generazionale potrebbe essere chiamato la generazione dei pragmatici. E’ composto da membri che sono maturati durante il ritorno della Confraternita nell’arena politica durante gli anni ‘70. I rappresentanti più noti di questa generazione sono Essam al-Erian, il capo dell’ uffico politico  della Confraternita, Abd al-Moneim Abu al-Futuh.

La terza generazione è composta dai cosiddetti neo tradizionalisti. Questi membri maturarono nella Confraternita nel corso della scontro con il regime di Mubarak nei processi nel 1990 e nei processi alla leadership della Fratellanza davanti al Tribunale militare nel 1995. Queste dure esperienze contribuirono a rafforzare in questa generazione, la cultura segreta e chiusa del movimento e la tendenza a preferire il lavoro ideologico sotterraneo e di base senza dare particolare importanza alla politica. Con un’età media generalmente sulla quarantina, questo gruppo è fedele ai membri più anziani dell’ organizzazione. Come la “vecchia generazione” (al jiil al qadiim) con cui sono più in sintonia, sono ideologicamente e religiosamente dei conservatori, dominano i vari uffici amministrativi dell'organizzazione e detengono saldamente le posizioni di leadership di medio livello nelle zone di provincia.


Gli esponenti del quarto gruppo generazionale sono giovani tra i 20 ei 30 anni[1], la maggior parte di essi vive nelle aree urbane come Il Cairo, Alessandria, Mansura. Si caratterizzano per la maggiore apertura mentale  e per la loro vivacità e curiosità, che a volte raggiunge quasi l’irriverenza rispetto ai loro confratelli più anziani. Tra gli ormai numerosissimi ed in continua evoluzione bloggers legati alla Fratellanza vanno segnalatiHossam el-Hamalawy,  uno dei bloggers più famosi in tutto l’Egitto, che dihicara che i Fratelli Musulmani sono stati tra i primi movimenti in assoluto ad usare internet e le e-mail, e che lui riceveva per il suo blog comunicati della Fratellanza sin dal 2002.
Ana Ikhwan (I’m a Brother),  è tenuto da un giovane di nome Abd al Moneim Mahmoud, un giovane riformista quasi trentenne. Tramite il suo blog ha creato un vasto network relazionale con i principali attivisti e bloggers laici, liberali, dei movimenti per i diritti umani. Attraverso il blog condusse una famosa campagna per il rilascio di - Abd Elkarimn Soliman, un blogger laico che è stato condannato a 4 anni di prigione con l’accusa di aver insultato l’islam, Incitato alla sedizione e per aver diffamato il Presidente Mubarak. Il blog di Abd al Moneim Mahmud è molto visitato anche per il suo interessamento alle campagne di arresti. Il blogging giovanile rappresenta una sfida  interna sempre più rivoluzionaria per una organizzazione tradizionalmente chiusa, come i Fratelli Musulmani.I giovani blogger della Fratellanza hanno iniziato ad impegnarsi in un’opera di auto-critica e hanno iniziato a criticare apertamente la leadership del movimento, le sue strutture organizzative, la sua rigida politica e il suo discorso religioso.
La nuova ondata di blogging non è stato e non è un fenomeno limitato ai giovani maschi, anzi, numerose Sorelle Musulmane hanno anche iniziato a bloggare, senz’altro un nuovo sviluppo non solo per la Fratellanza, ma anche per la società egiziana in generale, che rimane intellettualmente una società conservatrice.

Ammirano la capacità dell’AKP di mescolare l'Islam, la democrazia, e il nazionalismo, credono che la Fratellanza dovrebbe sforzarsi di fare il stesso mediante la creazione di un partito politico, distinto dalla sua missione religiosa. A questo proposito, sostengono in linea di principio la separazione tra la visione religiosa e l’azione politica.
Per questi giovani Fratelli, la cittadinanza dovrebbe essere il principio organizzativo primario dello Stato, che a sua volta deve tutelare i diritti delle minoranze e garantire l'uguaglianza dei cittadini, indipendentemente dal colore, etnia, religione o sesso. Un punto di vista decisamente laico e che non può certamente essere ben visto dalla “vecchia generazione”, i cui riferimenti alla Shari’ah e allo Stato islamico sono ancora molto forti.
Solo attorno alla seconda metà del 2007, quando il fenomeno dei blogger cominciò a ricevere una notevole copertura mass-mediatica, la Fratellanza ha cominciato ad interessarsi realmente a questi giovani e si è aperta alle istanze dei giovani, dando ulteriore slancio alla loro lotta contro la rigidità ideologica e organizzativa del gruppo.
Buona parte del futuro del movimento dei Fratelli Musulmani si gioca proprio attorno al dibattito interno, osservato con molta attenzione da numerosi esperti internazionali, tra i riformisti e i conservatori. Anche la pesante e durissima campagna di arresti iniziata nel 2006 con l’arresto dell’amatissimo Khairat al Shater, uno dei leader più influenti della Fratellanza, molto vicino ai giovani, ha influito sugli equilibri interni e sta condizionando l’esito di questo scontro ideologico. Un esempio clamoroso si è avuto quando a fine Giugno 2009 gli apparati di sicurezza hanno arrestato il leader dell’ala riformista Abdel Mon’em AbulFutuh, leader dell’Unione dei Medici Arabi e tra i fondatori del cartello di movimenti di opposizione “Kifaya”. AbulFutuh era un candidato forte alla Guida Generale, al posto di Mahdi Akef, rappresentante invece della “vecchia generazione”. 
Infatti dopo l'arresto nel giugno scorso del papabile, pragmatico, famoso anche all'estero Abdel Moneim AbulFutouh i Fratelli Musulmani egiziani mettono finalmente un punto fermo sulla loro guida suprema dopo mesi di scontri interni. Ed eleggono un conservatore, molto più giovane della guida suprema dimissionaria Mahdi Akef. Infatti il nuovo leader dei Fratelli Musulmani egiziani si chiama Mohammed Badie, ha 67 anni, è considerato una figura poco carismatica e sostanzialmente poco conosciuta. Appartiene però al Gruppo 1965, a coloro che furono arrestati assieme a Sayyid Qutb in una delle più dure repressioni contro i Fratelli Musulmani. Un conservatore, appunto. Decisamente diverso da AbulFutouh, considerato l'esponente di rilievo dell'ala pragmatica, l'uomo che riusciva a parlare con l'opposizione liberale e laica, apprezzato da quasi tutti. anche e soprattutto fuori dalla Fratellanza.

Molto è dunque cambiato da quella primavera politica del 2005-2006, quando l'opposizione egiziana sembrava esprimere una via nuova alla dissidenza. Nel Gennaio 2010 pare che la Fratellanza abbia scelto la rigidità, l'ortodossia. AbulFutouh, come altri pragmatici, è in galera.

I giochi ovviamente non sono conclusi, intanto perché Mohammed Badie ha fama di essere persona molto indipendente, poi perché nella Fratellanza, la “Shura” nel vero significato islamico del termine, la consultazione, è sempre stata molto importante. C’è un inoltre un forte sistema di contrappesi, perciò se cambiassero le circostanze politiche e si allentasse la repressione, che sfavorisce i riformisti, potrebbe cambiare completamente anche questa direzione intrapresa dalla Fratellanza.


[1] La fascia di età tra i 15 e i 28 anni in Eitto rappresenta bel il 28% della popolazione totale ed il giovani rappresentano il sottogruppo più numeroso all’interno della Fratellanza. In particolar modo dal 2005, le università sono diventate tra i luoghi dove il movimento dei Fratelli è più forte e da cui provengono molti dei militanti più attivi. 

martedì 8 febbraio 2011

LA RIVOLUZIONE IN EGITTO: I GIOVANI, I PROTAGONISTI...CHI LOTTA, MUORE E COMBATTE PER LA DEMOCRAZIA E LA GIUSTIZIA....E CHI NON APPOGGIA LA RIVOLUZIONE....E PREFERISCE STARE CON MUBARAK....

Ha ragione un blogger egiziano residente in Italia, che da sempre vicino al regime di Mubarak (e di cui non voglio fare il nome per non entrare in sterili polemiche personali che inquinerebbero il dibattito) quando consiglia ai suoi lettori di imparare l'arabo e di attingere alle fonti di prima persona, per quanto possibile, leggendo l'originale. Ma è proprio perché credo che non siamo in molti in Italia ad avere questa doppia capacità, quella di comprendere le fonti, conoscere il contesto e saperlo riportare in una forma leggibile a chi voglia approfondire, dispiace profondamente che chi come tal blogger potrebbe avere tutti questi strumenti, si presti a riportare la propaganda della tv di Stato egiziana. Ora il tal blogger, dopo aver lanciato appelli contro il pericolo islamico, si sorprende che l'opposizione non siano solo i Fratelli Musulmani! Meglio tardi che mai! E’ esattamente quello che sostengo dal primo giorno di questa rivolta, e che non ci sono solo i Fratelli Musulmani come certi organi di informazione continuano ancora oggi ad insistere (in realtà i Fratelli Musulmani si son aggiunti timidamente alle proteste e alla rivolta, non avevano assolutamente preventivato né subodorato il fermento e questo dovrebbe anzi dirci qualcosa sulla scarsa capacità dimostrata da questa organizzazione di intercettare realmente gli umori e i malumori popolari, come invece vorrebbe certa letteratura catastrofista), ma che gli attori della rivoluzione sono tanti e scusate se ci ripetiamo ma soprattutto giovani: i giovani del 6 aprile, i blogger come l'appena rilasciato manager di Google....i milioni di giovani di cui  abbiamo già parlato. Poi c'è Ayman Nur liberale e imprigionato solo per aver osato sfidare il regime e il suo partito “El Ghad” (Il Domani),, c'è El Baradei e la sua coalizione per il cambiamento, c'è Amr Moussa che sembra entri nel gioco (ma stanotte leggevo twitter dalla piazza che lo sbeffeggiavano per aver appoggiato la soluzione della transizione senza fuoriuscita di Mubarak, davvero un errore clamoroso per un personaggio che gode (godeva?) di simpatie e rispetto trasversali), ci sono gli intellettuali di “Kifaya” tra cui il cristiano George Ishak di cui riportavo alcune frasi nel post precedente. C'è la vecchia "opposizione legale" generalmente vecchi parrucconi appartenenti a partiti ormai quasi sempre senza praticamente seguito popolare, la cosiddetta "opposizione legale"..nasseriani, vecchi liberali dell’antico partito Wafd, il partito storicamente dei proprietari terrieri, il Tajammu’, comunisti, Al ‘Amal, il Lavoro, socialista-islamista. Ma in realtà c'è il dato vero e ritorno alla carica sulla verità che mi sembra vada ripetuta più volte: i giovani! Giovani di tutte le tendenze, diversi da tutti gli altri: di sinistra, dei Fratelli ma spesso molto più in sintonia con i loro coetanei laici che con la loro dirigenza...
Poi accade che qualcuno tra i soliti “esperti” (a volte sembra basti andare in Tv per essere “esperti”, peccato che nella tv di oggi vadano cani e porci, ma i porci prevalgano abbondantemente), o altre volte altri egiziani reazionari filo-Mubarak come quello di cui all’inizio affermino con veemenza: ”parlate di democrazia ma c’è gente che ancora vuole Mubarak”, oppure “ L’importante ora è tornare alla vita normale, serve stabilità..basta con questa rivoluzione”. Certo che c’è qualcuno che vuole Mubarak! In un paese con circa 2 milioni di appartenenti alle varie forze di Polizia, su 80 milioni di abitanti, fanno 1 su 40 poliziotti, considerati i legami di parentela (anche se in genere si sposano tra loro) diventano certo una cifra, uniti ai tanti che mangiavano poco o tanto grazie al sistema corrotto e al Partito-Stato, a tanti appartenenti alle gerarchie militari, alla grande industria..certo che ci sono persone che sostengono ancora Mubarak...perché egoisticamente avrebbero da perdere solo dei piccoli o grandi privilegi. Anche in Cile c'era chi sosteneva Pinochet anche fino alla fine...
Ma ciò che proprio non è accettabile è non appoggiare questa bellissima rivoluzione popolare: abbiamo senza ombra di dubbio un dittatore sanguinario e il suo blocco di potere (e non esagero, non sono parole troppo forti per le decine di migliaia di prigionieri politici, comuni ma innocenti e incarcerati per puro arbitrio o per non aver sottostato alle vessazioni del gerarca di turno, per 23 anni di sospensione dei diritti stabilita e "legalizzata" da uno stato di eccezione permanente: le leggi di emergenza del 1981 a cui si sono aggiunte ulteriori svolte repressive nel corso degli anni, la devastazione civile della corruzione diffusa ovunque e che attraversa la vita di ogni cittadino qualunque... dal letto d'ospedale, all'operazione medica stessa, all'esame di qs. tipo: di scuola, lavoro, concorso...alla libertà d'impresa, alla dignità del cittadino offeso e umiliato quotidianamente, alla burocrazia schiacciante...richiamo alla bellissima introduzione dello scrittore Al Aswani di "Se non fossi Egiziano") e un popolo democratico, composito, di differenti tendenze, che li fronteggiano e che chiedono: Via il principale responsabile di tutto questo, quello che per 23 anni ha guidato questa società compiendo tali crimini e macchiandosi di tali colpe, nuova Costituzione, elezioni libere, democrazia.
Infine trovo scandaloso che in Italia oggi ci sia qualcuno, tra gli italiani che parlano di democrazia ogni volta che si nomina l'islam e dicono di temere i popoli musulmani perché incompatibili con la democrazia, con chi promuove questa visione di scontro di civiltà più o meno latente, (dal Corriere della Sera, capofila in questo e promotore del prodotto Fallaci fase bava alla bocca ai giornalacci della destra fino a blogger “realpolitkisti”…), che si permetta di fare della realpolitik sulla voglia e richiesta di democrazia che viene da tutto l'Egitto e soprattutto da quel 75% della popolazione che ha meno di 25 anni e che vuole un altro futuro!

Uno degli ultimi regali di Mubarak...i criminali guidati da poliziotti e servizi di sicurezza....al saccheggio delle proprietà dei cittadini, degli spazi comuni e dei manifestanti e dei cittadini tutti! "I Baltagiya"

I "BALTAGIYA"
nella foto alcuni di questi "baltagiya" all'opera in Midan Tahrir

I criminali pagati dal regime, galeotti delle peggiori specie, assassini, stupratori, psicopatici drogati, guidati da poliziotti dell' "Amn al Dawla", la tristemente famosa "Sicurezza Nazionale", hanno saccheggiato e continuano ancora oggi a saccheggiare le case degli egiziani, a spargere il terrore fra la popolazione. Alcuni miei parenti mi hanno raccontato di essersi chiusi in casa terrorizzati chiamando aiuto dal terrazzo all'arrivo di queste squadracce che tentavano di entrare nelle case dei palazzi di Madinat al Nasr, enorme conglomerato nella zona nord, nord-est del Cairo. La popolazione sa bene chi sono questi delinquenti chiamati da tutti "baltagiya", anzi "baltaghiya" con la "gh" come si usa nel Nord Egitto. Le fughe dalle prigioni avvengono sotto gli occhi di tutti, sembra un gioco, vedi i prigionieri calarsi dalle cinta carcerarie con le guardie impassibili, i tesserini di poliziotti e agenti della Sicurezza Nazionale soon ormai merce comune tra i manifestanti che sono riusciti a strappargliene un bel pò durante gli scontri a Piazza Tahrir e altrove. I torturatori della Sicurezza Nazionale, una delle ciliegine del regime infame di Mubarak, sono famosi per la triste disumanità e bestialità: non c'è tipo di tortura che non sia stata praticata, anche se da un pò di anni andava per la maggiore rapire qualche donna della famiglia, la moglie, la sorella, la madre... e poi violentarla davanti agli occhi del malcapitato. In genere dopo avergli strappato denti, rotto ossa sottoposto a scariche elettriche e "waterboarding" e botte in quantità. E le prigioni segrete per gli oppositori....E la violenza quotidiana degli appartenenti alle forze dell'ordine tanto servili con il ricco e il potente quanto arroganti e aggressive con il cittadino comune che doveva solo subire.
Comunque altri parenti mi dicono che girando per il Cairo hanno provato tanta tristezza per come è ridotta, irriconoscibile per le violenze e i saccheggi degli sgherri di regime, ma questo anziché intimidire o reprimere ha fatto crescere ancora più rabbia e determinazione, e anche chi ad un certo punto si era trovato su posizioni più tese al compromesso ora con questi assassini non vuole più aver nulla a che fare!  

lunedì 7 febbraio 2011

Sulle tante bugie a proposito dell'Egitto-Ora dico la mia!

Il movimento che sta rivoltandosi in Egitto è il popolo intero, stremato economicamente (ricordo ogni anno quando in estate tornavo in Egitto l'argomento principale era l'aumento perenne dei prezzi e gli stipendi sempre fermi, mentre per i giovani, solo disoccupazione). Un paese sotto una dittatura che ha viziato ogni aspetto della vita civile, sottoponendo i suoi cittadini a continue umiliazioni quotidiane, dalle prepotenze dei poliziotti, alle torture per chiunque venisse per sventura preso di mira da un membro dell'enorme apparato poliziesco (e questo nella vita di tutti i giorni del cittadino qualunque, non parliamo degli oppositori politici, qualsiasi fosse la loro tendenza). Un apparato poliziesco consistente in circa 2 milioni di persone raggruppate in varie forme di Polizia (l'Esercito è altra cosa), 2 milioni su 80 milioni di abitanti con una percentuale di circa 1 poliziotto ogni 40 persone (pensiamo poi ai legami familiari...) Un paese dove una gang poliziesco-affaristica, il partito di Mubarak e i vari tycoon che vi ruotavano attorno, o ne facevano parte, faceva il bello e il cattivo tempo, taglieggiando le imprese che non appartenevano direttamente alla banda, spezzando le gambe a qualsiasi tentativo di sperare in una vita senza continue raccomandazioni e tangenti o erogazioni più o meno esplicite in ogni tipo di ambiente, per ogni tipo di lavoro, mansione, operazione burocratica (in una paese dalla burocrazia kafkiana), parcheggio, spesa, perfino per il posto da accattone...tutto regolato da una rigida legge del "taglieggiamento collettivo"...Un paese giovane, dove il 75% ha meno di 25 anni ed è molto più letterato di tante gioventù nel mondo, che è molto connesso, anche i giovani dei quartieri più popolari, dove tutto sembra stare in piedi per miracolo, palazzi, strade e persone, si collegano facendo la fila in "sgarruppati" internet point... o si dotano dei cellulari ultimo modello con clonazioni fantastiche che solo in Egitto ho visto fare, padroneggiano e usano i social media in quantità enormi...Ovunque le strade sono costellate di internet point, e le case ormai dotate del wireless (tutta la tecnologia va fortissimo in Egitto). Vi sono giovani connessi nell'ampia zona che possiamo considerare "Centro" del Cairo, "wast el balad" (come il famoso gruppo di cui mi onoro di essere amico), nei quartieri medio-borghesi, a tratti popolari (caratteristica del Cairo: zone borghesi, con accanto quartieri di baracche) come El Mohandessin, El Doqqi, El Aguza, e poi il mare del nord della grande Cairo, Heliopolis, il suo lusso e le sue miserie, Madinat al Nasr, immenso quartiere incolore dove abitano milioni di persone, città nella città, generalmente della borghesia statale e ovviamente nel'isola di Zamalek, l'elegante isola rifugio degli italiani delle ambasciate, consolati, grandi compagnie (Agip in primis), così come nelle ultra popolari Imbaba, Bulaq Dakrur, 'Omraniyya, Bulaq Abu Leila, Sayyda Zeinab, ecc.proseguendo per le sterminate periferie urbane, ovunque l'Egitto è connesso. Nei continui villaggi alternati a immensi conglomerati urbani che costeggiano il Nilo come Bani Suef, El Minia, El Asyut, Sohag, Qena...fino ad Assuan, passando per l'immensa campagna degli enormi distretti di Sharqiyya e Gharbiyya milioni di giovani sognano un'altra vita...In un paese dove i laureati sono milioni, dove in poche generazioni si è passati dall'analfabetismo all'alfabetizzazione di massa e alla digitalizzazione diffusa, in un'epoca in cui la Tv satellitare Al Jazeera viene guardata da milioni di giovani arabi provenienti da ogni paese, e le serie Tv anche del genere più leggero hanno sempre uno sfondo sociale che la Tv italiana non produce da decenni, dove milioni di giovani più o meno colti si trovano senza un futuro che non sia l'umiliante elemosina continua della ricerca di qualche conoscenza per poter ovviare a qualsiasi aspetto della propria vita, senza speranza di un futuro già misero e gramo dei genitori...che hanno da perdere questi ragazzi e queste ragazze? Era ovvio a mio avviso che si aspettasse solo la scintilla perché tutto esplodesse. Andavo ripetendo da qualche anno ormai che non capivo come il popolo non esplodesse e che secondo me se insistevano troppo con queste politiche che stavano facendo arricchire sempre più una casta di criminali prima o poi la gente non l'avrebbe più sopportato. Ricordo l'ironia dei parenti, degli amici, quando lo dicevo nei lunghi pranzi infiniti sulla spiaggia popolare di Port Said, con la famiglia allargata (dalle 20 alle 150 persone, tutti familiari, giuro!) o nelle serate al Cairo al bar degli artisti musicisti, degli "alternativi", degli "scoppiati" e dei filosofi, (e sono fiero di saperli oggi tutti impegnati a fare la rivoluzione oggi!), le vaghe speranze al "baretto" tra Tala'at Harb e Champollion per chi conosce il Cairo, o la quasi rassegnazione nelle chiacchierate alla caffetteria di wast el balad o in quelle dell'Hussein fino a sera tarda con il popolo egiziano bevendo svariati "shayy" (il thé). E lo dicevo  nelle cene degli expat, come si fanno chiamare quella specie di neo-colonialisti di cui pullula l'Egitto, alle feste a cui a volte ho dovuto soccombere e annegare la mia disperazione politico-sociale nel dovermi confrontare con tanta gente simile (per carità ci son anche bravissime persone eh...ma non sono molte).
Ma nessuno mi dava mai ragione, se non pochi soggetti visti anch'essi come visionari... gli stranieri, gli italiani in particolare nei loro pregiudizi inconsapevoli, a volte pretendendo di fare i "radical-chic", più spesso con analisi da ignoranti quali sono la maggior parte degli italiani miei connazionali in Egitto (e penso all'estero on generale, ma in Egitto toccano vette difficilmente raggiungibili) mi bollavano come il solito "sinistroide" che vede possibili rivolte ovunque, pensavano che il popolo egiziano non avrebbe mai osato ribellarsi perché "pigro di natura", nella loro visione superficiale e ottusa "instupidito dalla religione" (inconsapevoli che anche grazie a quel forte senso di spiritualità diffuso tra il popolo egiziano, potevano vivere così bene in quel paese), e non comprendevano nulla, chiusi nella loro bolla, che già la sola barriera linguistica contribuiva a stabilire. Gli egiziani pure in molti sembravano non credermi, scettici anch'essi sulle doti della loro gioventù, troppo presi dai tripli e quadrupli lavori per portare da mangiare a casa e troppo abituati a una vita di dittature....ma io speravo, avevo visto come con tanti giovani potevo parlare del "Principe" di Machiavelli, della letteratura della  Resistenza italiana al fascismo, dei canti eroici dei partigiani e delle loro gesta e avevo visto nei loro occhi l'orgoglio di chi pensa che è un onore per un popolo riscattarsi dalla dittatura tramite la ribellione. Ora per fortuna i fatti mi stanno dando ragione, chi mi conosce sa che è tanto che dico queste cose, e per ricordare come sia unito il popolo egiziano a dispetto delle campane mass-mediatiche che difendono lo status-quo, dedicando pagine a un inesistente pericolo che sarebbe rappresentato dai Fratelli Musulmani, vogliamo riportare le parole di una persona a cui ci sentiamo molto affini e che ha davvero il polso della protesta: George Ishak, cristiano, tra i primi fondatori del movimento "Kifaya" (Ya basta), che dice all'Unità del 7 febbraio: "La protesta popolare è la nostra forza e la protesta si è sempre più allargata unendo la società egiziana. in piazza ci sono giovani e anziani, i diseredati delle periferie e la classe media, musulmani e cristiani". Alla domanda di rito dell'intervistatore: "C'è chi teme che la rivolta apra la strada ai Fratelli Musulmani..", George Ishak risponde: "I Fratelli Musulmani non sono un corpo estraneo alla società egiziana, ne fanno parte, ne rappresentano istanze e aspettative. Ma non sono la maggioranza, questo è certo. In elezioni libere potrebbero raggiungere il 20-25% dei consensi. Coinvolgerli pienamente nel processo democratico è un fatto positivo." E sono gli stessi "Fratelli Musulmani" in realtà ad essere rimasti sorpresi dall'ampiezza e dalla popolarità di questa protesta nata da giovani, che ha spiazzato tutti i partiti e i movimenti tradizionali, costringendoli ad emergere e che ora è riuscito a creare una composita alleanza provvisoria tra tutte le opposizioni, vecchie e nuove, delegata alle trattative con quel che resta del regime, ma soprattutto che si è data un imperativo inderogabile, oltre che di una piattaforma. ma l'imperativo è: "Via Mubarak prima di tutto!"

Il partigiano GAP

sabato 5 febbraio 2011

E ancora dal blog di Paola Caridi sulle ultime evoluzioni in Egitto

Ultimamente sono abbastanza pigro, avrei voglia di parlare di tutto quello che sta succedendo in Egitto, della lotta per la libertà che sta affrontando il suo popolo, i suoi giovani in particolare...seguo tutto il tempo il canale satellitare "Al Jazeera" che sta offrendo una eccellente diretta, che continua dal primo giorno nonostante le proibizioni del regime, e gli arresti dei suoi giornalisti. Perciò affido i miei pensieri alla bravissima Paola Caridi, davvero tra le più esperte studiose di tutto ciò che accade nei paesi arabi, sicuro di offrire un servizio a tutti.

 Dal sito: http://invisiblearabs.com/

La domanda che gira tra i ragazzi di Tahrir e tra gli analisti che si occupano da tempo di Egitto è la seguente? Cosa vogliono dire le dimissioni eccellenti di questo pomeriggio? Significa che il regime trentennale costruito attorno alla figura di Hosni Mubarak sta pian piano cedendo, o che invece si sta rifacendo il trucco? Le dimissioni, a dire il vero, sono eccellenti. Di primo rango. Non solo perché è lo stesso Hosni Mubarak ad aver accettato di dimettersi da qualcuno dei suoi incarichi, e cioè quello di presidente del Partito Nazionale Democratico, lo NDP, lo Hizb el Watani. Anche le dimissioni di suo figlio, Gamal El Mubarak, dal posto di rango che occupava ormai da tempo dentro il partito, in sostanza nel comitato che disegnava le strategie dello NDP e dunque della politica di governo, non sono da sottovalutare. Si dimette, con lui, il leader della nuova guardia riformatrice, quella che doveva segnare non solo il cambio generazionale, ma anche il diverso tipo di sostegno a Gamal nel suo cursus honorum, tutto dentro il partito, da concludersi poi con la candidatura alle presidenziali. Con lui, però, si dimette – con il comitato esecutivo en masse -  anche il segretario generale dello NDP, il vecchio, esperto, tradizionale ministro dell’informazione Safwart el Sherif. Il primo che parlò dopo le manifestazioni del 25 gennaio. Lui, invece, appartiene alla generazione di Mubarak.
Tutto azzerato? Non proprio. Al posto di Sherif c’è sì, ora, un uomo più giovane, Hossam el Badrawy, ma è da sempre considerato un intimo amico di Mubarak. La sua clinica per ricchi è nel quartiere per internazionali e potenti di Maadi, dove c’è anche la casa di Gamal Mubarak. Ma questo è solo un dettaglio. La vera domanda è se Badrawy vuol dire continuità, e dunque la nuova guardia che prende il potere nel partito, oppure se invece Badrawy abbandona i vecchi amici per segnare un cambiamento nello NDP. Tutto da vedere. Per ora, queste ipotesi se la giocano 50 a 50.
Assieme alle dimissioni eccellenti, i primi segnali di – per così dire – ammorbidimento sono le indagini aperte su Habib el Adly, potentissimo ministro dell’interno, il re dell’acciaio Ahmed Ezz e qualche altro ministro da parte del procuratore generale egiziano. Ahmed Ezz appartiene a quel tipo di tycoon egiziano che non solo è diventato ricco con il regime, ma che del regime, da un certo punto in poi, ha fatto anche parte, parte politica, con un posto in Senato, o dentro lo NDP.
Questo, però, non è considerato abbastanza dalla piazza, che anche oggi pomeriggio è piena. Piazza Tahrir, dove oggi – in un evento raro per l’inverno egiziano – ha anche piovuto. I dimostranti chiedono ancora e sempre le dimissioni di Hosni Mubarak da presidente della repubblica. Dopo, si potrà parlare, anche, perfino con il capo dell’intelligence, e ora vicepresidente, Omar Suleiman. Lo hanno detto in molti, nel fronte delle opposizioni che – a differenza di quello che sostiene oggi il neo premier Ahmed Shafiq – non sembra siano indeboliti. Oggi hanno parlato sia il capo del Movimento 6 Aprile, Ahmed Maher.
I believe that youth awakening and political awareness will not fade even after the current regime falls, which is the most important of all gains.
Al-Masry: Did you achieve political reform?
Maher: Steps taken by the government in response to our demands are positive, but I think that they are old demands. The appointment of vice president, dismissing the idea of Mubarak’s son inheriting his father’s seat, reforming the government, and Mubarak’s non-nomination for presidency should have been a natural response to political demands that rose with the rise of the Kefaya movement in 2004. The main demand the 25 January youth are calling for is the fall of Mubarak’s regime, besides achieving comprehensive reforms on all levels.
Al-Masry: Why don’t you ask the international community to help you achieve these demands?
Maher: Like all Egyptians we reject any foreign intervention in Egypt’s internal affairs, except the European union and the UN Security Council, because we believe that change must come from inside, moreover change by foreign powers will take into account western countries’ interests and therefore we would not feel the meaning of words such as freedom, democracy and change.
Al-Masry: Some people accuse you of receiving financial support from abroad, are they right?
Maher: Yes, we receive help from outside–from outside of Tahrir square! We receive humanitarian aid like food, water and medical supplies for protesters who haven’t left the square since 25 January.
Al-Masry: What about Muslim Brotherhood control of the movement in general and Tahrir Square in particular?
Maher: Yes, there is a large number of Brotherhood supporters and their role is organizing movement inside the square and supporting protesters morally and with physical needs. But this doesn’t mean Egypt would accept falling under Islamic control. Egypt is about to become a civil state. The role and presence of a large number of youth and other political movements is effective.
Al-Masry: When do you think life will come back to Tahrir Square?
Maher: When President Mubarak steps down and hands over power to Vice President Omar Suleiman and when the amendment of constitution Articles 76, 77, and 88 takes place before the next presidential elections. The president talked about reform, but all we witnessed were thugs bullying protesters and attacking them on horses and camels–which reflects that he has no intention to reform.
A parlare è stato anche Abdel Rahman Youssef, poeta, uno degli uomini più vicino a Baradei, terzo figlio di Yussuf al Qaradawy, il cosiddetto sheykh di Al Jazeera. Assieme a Mohammed Abul Ghar, pediatra, coordinatore dell’Assembea Nazionale per il Cambiamento (NAC) sono andati a parlare con Shafiq. E la richiesta chiave per cominciare i negoziati è che Mubarak si dimetta da presidente della repubblica egiziana, dando i suoi poteri al vice. Un segnale importante, perché nella NAc ci sono anche i Fratelli Musulmani.
I ragazzi, intanto, non lasciano Tahrir, che continua a essere molto piena, nonostante i timori che si erano diffusi durante la giornata, che cioò l’esercito volesse svuotare la piazza. Per ora almeno non ci sono riusciti. Per domani, si prevede la messa dei copti in piazza.