sabato 29 gennaio 2011

La rivolta tunisina si estende all'Egitto. Il regime di Mubarak sta per cadere!


ULTIME DALL'EGITTO: LA RIVOLUZIONE EGIZIANa

da La Repubblica del 29/01/2011

Il Cairo, 50mila in piazza: "Mubarak vattene"
Almeno 100 morti, il governo si è dimesso

L'esercito invita a evitare gli assembramenti. Carri armati circondano piazza Tahir. La polizia spara ad Alessandria. Scontri a Ismailia. Fonti ospedaliere: ieri nella capitale 30 vittime, di cui due bambini. El Baradei: "Torno in strada per il cambiamento". Appello Ue: "Cessi la violenza"

IL CAIRO -  Prima conseguenza del discorso alla nazione pronunciato ieri 1 dal presidente Hosni Mubarak, il governo del premier Ahmed Nazif ha rassegnato le dimissioni. Un portavoce di gabinetto fa sapere che in giornata il presidente annuncerà il nome del nuovo primo ministro. E mentre al Cairo continua a bruciare da ieri il quartier generale del Partito nazionale democratico, va a fuoco anche la sede di Luxor della formazione politica di Mubarak.

Nella capitale i carri armati dell'esercito egiziano circondano piazza Tahir, epicentro delle manifestazioni di protesta di ieri 2 , dove dalle prime ore di questa mattina i dimostranti sono tornati a radunarsi per urlare slogan contro Mubarak. Mentre le autorità estendevano dalle 4 del pomeriggio di oggi fino alle 8 di domani mattina ora locale il coprifuoco nelle città del Cairo, Alessandria e Suez, la folla in piazza Tahir è cresciuta di numero fino a raggiungere almeno le 50mila persone. 

L'atmosfera è tesa, anche se in molti posano per le fotografie vicino ai carri armati e stringono la mano ai militari. In precedenza, attraverso la tv di Stato, l'esercito ha lanciato un appello alla popolazione,chiedendo di evitare gli assembramenti e di rispettare il coprifuoco notturno. Rientrato dagli Usa il capo di stato maggiore egiziano, Sami Anan, ieri alla guida di una delegazione militare a colloquio con il Pentagono. Al Jazeera riferisce che l'esercito considera pericolosissimo l'attuale "vuoto di sicurezza" creatosi in gran parte delle città egiziane. Le forze armate tuttavia hanno assicurato il loro impegno a non fare uso della violenza contro i cittadini, ma di avere ricevuto "l'ordine di usare la mano pesante con chi viola il coprifuoco".

Nelle prime ore del giorno, poco distante da piazza Tahir, dove hanno sede diversi edifici governativi, la polizia ha esploso gas lacrimogeni per allontanare la folla dal ministero dell'interno e, successivamente, ha sparato in aria per disperdere un gruppo di manifestanti che tentava di entrare nel Parlamento, secondo quanto riferiscono fonti dei servizi di sicurezza egiziani. Poi la polizia è praticamente scomparsa dalle strade del centro, lasciando ai blindati dell'esercito il presidio delle sedi istituzionali oltre che del Museo egizio e dei compound fortificati delle ambasciate americana e britannica. Un vasto incendio sta interessando il tribunale di al-Jala, al Cairo, dove in passato sono stati processati anche molti militanti del movimento giovanile '6 aprile', in prima fila nella protesta contro Mubarak.

Scontri ad Alessandria, Ismailia, Suez. Nel pomeriggio era prevista una nuova manifestazione ad Alessandria d'Egitto, ma i manifestanti sono già nelle strade della città e testimoni parlano di polizia che spara. A Ismailia, città sul canale di Suez, migliaia di lavoratori portuali si sono confrontati con agenti che volevano impedire loro di raggiungere il luogo di lavoro. Gli agenti hanno risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma. Cortei in corso anche a Suez.

Infiltrati islamici dalla Striscia di Gaza. A Rafah, alla frontiera con la striscia di Gaza, i dimostranti hanno attaccato la sede della prefettura, secondo testimoni sarebbero stati uccisi tre agenti di polizia. Nella zona circolano inoltre voci riguardanti palestinesi di Gaza che attraversano il valico di Rafah ed entrano in Egitto approfittando dell'assenza dei controlli di polizia. Secondo l'inviato di Al Jazeera, vi sarebbero anche decine di miliziani islamici che, approfittando del caos, si stanno infiltrando in Egitto.

Incertezza sul bilancio delle vittime. Il ministero della Sanità egiziano parla di 38 morti nelle violenze di ieri, il "Venerdi della collera" inscenato dall'opposizione in tutto l'Egitto: 12 al Cairo, uno a Giza, tre a Porto Said, 8 ad Alessandria, 12 a Suez e due a Mansura. Dati che stridono con le cifre diffuse da altre fonti. Secondo i testimoni sul luogo, 30 corpi, tra cui quelli di due bambini, sono stati portati all'ospedale Damardash. Il corrispondente di Al Jazeera da Alessandria sostiene di aver visto in obitorio i cadaveri di 23 persone. E a Suez la protesta è costata almeno altre 11 vite. Per Al Jazeera, il bilancio provvisorio dei disordini scoppiati in tutto l'Egitto da martedì scorso è di oltre 100 morti.

El Baradei: "Gli Usa scelgano con chi stare". Mentre i Fratelli musulmani con un comunicato lanciano un appello per un "pacifico passaggio dei poteri", torna a farsi sentire Mohammed El Baradei, ieri trattenuto per ore agli arresti domiciliari. "Mubarak deve andarsene - ha dichiarato l'ex direttore dell'Aiea, Nobel per la Pace e leader delll'opposizione in un'intervista a France 24 -. Il presidente non ha compreso il messaggio del popolo egiziano e il suo discorso è stato del tutto deludente. Le proteste continueranno con intensità ancora maggiore finché il regime non cadrà. Oggi sarò in strada assieme ai miei colleghi per contribuire al cambiamento. Quando un regime si comporta con tale bassezza e usa gli idranti su uno che ha vinto il Nobel per la Pace, vuol dire che è l'inizio della fine e che è ora che se ne vada. Mubarak anunnci le dimissioni, avvii la transizione verso democrazia, sciolga il Parlamento e indica elezioni democratiche". El Baradei ha esortato gli Usa a schierarsi: "Devono scegliere tra il popolo egiziano e il regime". Parlando ad Al Jazeera, la guida dell'opposizione garantisce: "Se il regime non cade, l'intifada del popolo continuerà. Serve una nuova costituzione, il popolo ha diritto a chiedere il cambiamento in modo pacifico. Un cambiamento che viene dall'interno e non dall'estero".

Lega Araba: "Politica egiziana cambi". Il segretario della Lega Araba, l'egiziano Amr Moussa, ha detto oggi che "la politica in Egitto va cambiata. Bisogna prendere in considerazione la rabbia del popolo egiziano'". Anche l'Unione africana, per voce del presidente della sua commissione, Jean Ping, in conferenza stampa ad Addis Abeba, si dice "preoccupata" per le violente manifestazioni di protesta e per la situazione politica in Egitto.

Iran: "Egitto, onda islamica di giustizia". Dall'Iran, attraverso un portavoce, il ministero degli Esteri Ramin Mehman-Parast dichiara che le proteste in Egitto sono in linea con "un'ondata islamica" che vuole "la giustizia". "La Repubblica islamica dell'Iran - ha aggiunto il portavoce del ministro di Teheran - si aspetta che le autorità egiziane ascoltino la voce della nazionale musulmana dell'Egitto, vengano incontro alle sue giuste richieste ed evitino il ricorso alla violenza contro questa ondata islamica che si muove con il movimento del popolo".

Gheddafi chiama Mubarak.  Il leader libico Muammar Gheddafi ha telefonato al presidente egiziano Mubarak. Lo riferisce l'agenzia di stampa ufficiale Jana, senza aggiungere ulteriori dettagli.

Mubarak a Re Abdallah: "Situazione stabile". A Mubarak giunge invece la solidarietà di re Abdallah, che riferisce di un suo colloquio telefonico con il presidente egiziano. Al sovrano saudita, Mubarak avrebbe detto che in Egitto "la situazione è stabile. Il mondo non ha visto altro che le azioni di alcuni gruppi che non vogliono stabilità e sicurezza per gli egiziani". Re Abdallah ha telefonato al presidente egiziano per esprimergli la sua vicinanza e per denunciare le interferenze con le vicende interne dell'Egitto da parte di "infiltrati" che agiscono "in nome della libertà d'espressione". Re Abdallah, attualmente in Marocco per una convalescenza, è il primo capo di Stato arabo a prendere posizione pubblicamente a favore del regime di Mubarak.

Ue: "Cessino le violenze". Il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, ha lanciato un appello perché cessino le violenze in Egitto, siano rilasciate tutte le persone arrestate per ragioni politiche, inclusi i politici, sia fissato un processo di riforme. ''Il rispetto per i diritti fondamentali dell'uomo - dice Van Rompuy -, come la libertà di espressione, il diritto di comunicare, il diritto di riunirsi in assemblee libere come pure l'inclusione sociale sono elementi costitutivi della democrazia che la gente egiziana, in particolare i giovani, stanno cercando di ottenere''.

Notte di saccheggi. Il coprifuoco proclamato ieri da Mubarak di fronte al montare irrefrenabile della protesta in tutto il paese è scaduto alle 8, le 6 del mattino ora italiana. Durante la notte nella capitale si sono uditi sporadici colpi d'arma da fuoco, ci sarebbero stati anche lanci di lacrimogeni. Ma vi sono anche voci di saccheggi nella notte in centri commerciali di diversi quartieri della capitale, dopo quello avvenuto ieri sera alla sede principale del Partito nazionale democratico. Al Jazeera mostra immagini di uomini, donne, ragazzini, uscire da un grande magazzino portando con sè suppellettili e oggetti vari.

Detenuti evadono nel caos. Approfittando del caos, durante la notte si sarebbe verificata anche l'evasione di centinaia di detenuti comuni dalle celle di sicurezza di alcuni commissariati del Cairo. Secondo l'inviato di Al Jazeera, per alcune ore c'è stato un vuoto nella gestione della sicurezza, in particolare quando la responsabilità è passata dalla polizia all'esercito. L'evasione avrebbe avuto luogo in quell'intervallo. Un generale della polizia egiziana racconta a fonti Ansa che un numero imprecisato di detenuti del carcere di Khalifa, nei pressi della cittadella del Cairo, sono riusciti a fuggire prendendo con sè tutte le armi in custodia dopo aver dato fuoco ai posti di guardia. In un altro istituto, il carcere di massima sicurezza di Abu Zabal, vicino al Cairo, la polizia egiziana stamane avrebbe effettuato un blitz, aprendo il fuoco contro i detenuti per evitare un'altra possibile evasione. Secondo quanto riferisce l'inviato di Al Jazeera, vi sarebbero otto morti e decine di feriti.

Intanto, fonti giornalistiche sul posto constatano che in Egitto i servizi di telefonia mobile, bloccati ieri dalle autorità insieme a internet, hanno ripreso parzialmente a funzionare in mattinata.
 

sabato 22 gennaio 2011

LE 10 MENZOGNE DI BERLUSCONI SULLE ACCUSE DI CONCUSSIONE E PROSTITUZIONE MINORILE

Per non perdere di vista la reale gravità dei fatti, e per non farsi distrarre dalla cortina fumogena alzata dai mass-media di Berlusconi o controllati indirettamente da lui (quasi tutti i mass-media quindi), riteniamo di dover pubblicare, per mettere dei punti fermi e offrire anche degli spunti per la discussione ad ognuno di noi quando dibatte di politica con amici e conoscenti, le 10 menzogne di Berlusconi, riportate dal grande giornalista D'Avanzo. Perché la propaganda berlusconiana vuole derubricare tutto a "persecuzione" basata sul "gossip". Qui di "gossip" non c'è proprio nulla, ma questioni molto più serie!
Dall'edizione online del quotidiano "La Repubblica" segnaliamo questo pezzo davvero significativo. 



Dalla questura al sesso con Ruby
le dieci menzogne di Berlusconi

Ecco le prove che smentiscono l'autodifesa del Cavaliere sullo scandalo che lo ha investito

di GIUSEPPE D'AVANZOCASO RUBY
Si contano dieci menzogne nell'intervento televisivo di Silvio Berlusconi. Qui di seguito dimostriamo come le parole del premier siano variazioni falsarie. Costruiscono per l'opinione pubblica una fiction che appare in gran parte fasulla anche alla luce di quel che è già emerso dai documenti dell'inchiesta di Milano. Le bugie nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio devono negare come e perché sia riuscito ad esfiltrare dalla questura, sottraendola alla tutela dello Stato, una minorenne accusata di furto. Una minorenne con la quale il capo del governo ha intrattenuto, per lo meno per tre mesi, una relazione molto intensa, al punto che ci sono tra i due 67 contatti telefonici in 77 giorni. Impossibilitato a raccontare la verità su quella relazione, il premier è costretto a mentire ancora: parla di persecuzione giudiziaria; inventa una violazione della sua privacy; accusa la polizia di aver maltrattato le sue amiche: è un'autodifesa che non accetta di essere verificata. "Non mi devo vergognare", dice Berlusconi. Le sue dieci bugie lo dovrebbero convincere non solo a vergognarsi, ma anche ad assumersi la responsabilità di fare chiarezza davanti ai giudici e dinanzi al Paese. Ecco dunque le dieci bugie che, se necessario, integreremo nel corso del tempo.

1. "Non ho minacciato nessuno"
Dice il premier: "Vi leggo le risposte del funzionario al pubblico ministero dove descrive la mia telefonata: "L'addetto alla sicurezza mi disse: dottore, le passo il presidente del Consiglio perché c'è un problema. Subito dopo il presidente del Consiglio mi ha detto che vi era in questura una ragazza di origine nord africana che gli era stata segnalata come nipote di Mubarak e che un consigliere regionale, la signora Minetti, si sarebbe fatta carico di questa ragazza. La telefonata finì così". Ma vi pare che questa possa essere considerata una telefonata di minaccia?".
Berlusconi sa di mentire perché non ci fu una sola telefonata con il capo di gabinetto. Come si legge nell'invito a comparire il funzionario riceve ripetute e "ulteriori chiamate dalla presidenza del Consiglio" (la procura ha escluso tutti i contatti telefonici di Berlusconi e non è ancora pubblico il numero esatto). Devono essere state così urgenti e incombenti da consigliare al capo di gabinetto di telefonare 24 volte al funzionario di servizio, al suo diretto superiore, al questore. La prima telefonata è delle 00.02.21, l'ultima addirittura delle 6.47.14. Non importa se il capo di gabinetto abbia o meno avvertito "una minaccia" nelle parole del presidente. E' indiscutibile che il funzionario si dà molto da fare. L'esito è l'affidamento di Ruby, di fatto, a una prostituta, Michele Coincecao, eventualità che il pubblico ministero per i minori, Anna Maria Fiorillo, aveva escluso. Questo è il risultato della pressione di Berlusconi: la polizia non rispetta le disposizioni del magistrato.

2. "Non ho fatto sesso con Ruby"
Dice il premier: "Mi si contestano rapporti sessuali con una ragazza minore di 18 anni, Ruby. Questa ragazza ha dichiarato agli avvocati e mille volte a tutti i giornali italiani e stranieri che mai e poi mai ha avuto rapporti sessuali con me".
E' utile ricordare come Ruby sia stata "avvicinata" dagli avvocati, da quali avvocati, in quale occasione. E' il 6 ottobre 2010, Ruby deve incontrare il suo avvocato non quello di oggi (Massimo Di Noja) che sarà nominato soltanto il 29 ottobre, ma Luca Giuliante, difensore anche di Lele Mora. Ruby raggiunge lo studio del legale accompagnata da un amico Luca Risso. Risso, via sms, fa a una sua amica il resoconto di quel che accade. Sono utili cinque messaggi. 1. "Sono nel mezzo di un interrogatorio allucinante... Ti racconterò, ma è pazzesco!". 2. "E' sempre peggio quando ti racconterò (se potrò...). 3. L'amica scrive: "Perché stanno interrogando Ruby?". 4. Scrive Risso: "C'è Lele (Mora), l'avv., Ruby, un emissario di Lui. Una che verbalizza. Sono qui perché pensano che io sappia tutto". 5. "Sono ancora qua. Ora sono sceso a fare due passi. Lei è su, che si sono fermati un attimino perché siamo alla scene hard con il pr... con la persona". Da queste informazioni si deducono un paio di scene. Ruby è stata protagonista di "scene hard" con il presidente. Lele Mora, un inviato di Berlusconi e l'avvocato Giuliante la "interrogano" per conoscere che cosa ha raccontato ai pubblici ministeri. E' un vero e proprio debriefing che può consentire di conoscere le accuse, prevedere le mosse dei pubblici ministeri, ribaltare i ricordi della ragazza con la dichiarazione giurata che oggi Berlusconi sventola. Inutilmente perché appare più il frutto o di una violenza morale o di una corruzione, se si prende per buono quel che Ruby dice al padre: "Sono con l'avvocato, Silvio gli ha detto: dille che la pagherò il prezzo che lei vuole. L'importante è che chiuda la bocca". E' il 26 ottobre 2010.

3. "Anche Ruby mi scagiona" 
Dice il premier: "Vi leggo quello che ha detto la stessa Ruby in una dichiarazione firmata e autenticata dai suoi avvocati: "Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto sessuale con l'onorevole Silvio Berlusconi. Nessuno, né l'onorevole Berlusconi né altre persone, mi ha mai prospettato la possibilità di ottenere denari o altre utilità in cambio di una disponibilità ad avere rapporti di carattere sessuale con l'on. Silvio Berlusconi. Posso aggiungere che, invece, ho ricevuto da lui, come forma di aiuto, vista la mia particolare situazione di difficoltà, una somma di denaro. Quando ho conosciuto l'on. Berlusconi, gli ho illustrato la mia condizione personale e famigliare nei seguenti termini: gli ho detto di avere 24 anni, di essere di nazionalità egiziana (non marocchina), di essere originaria di una famiglia di alto livello sociale, in particolare di essere figlia di una nota cantante egiziana. Gli ho detto anche di trovarmi in difficoltà per essere stata ripudiata dalla mia famiglia di origine dopo che mi ero convertita al cattolicesimo". Ecco perché vorrei fare il processo subito, con queste prove inconfutabili, ma con giudici super partes.
Più che inconfutabili, queste fonti di prova appaiono insincere. Abbiamo visto in quale clima e dinanzi a quali attori nasca lalettera di Ruby che assolve Berlusconi. La favola poteva essere congegnata meglio. Anche a dimenticare quelle "scene hard", ci sono almeno alcune rilevanti condizioni che la scompaginano e dicono quanto Berlusconi non racconti la verità. Il premier sapeva della minore età di Ruby e non ha mai creduto che fosse di "una famiglia di alto livello sociale" perché è Emilio Fede che la scrutina in un concorso di bellezza in Sicilia nel 2009. Il giornalista sa che è una "sbandata". C'è un video che lo mostra quando, in quell'occasione, dice: "C'è una ragazza di 13 anni, se non sbaglio egiziana, mi sono commosso, ho solidarizzato (perché) la ragazza non ha più i suoi genitori... ". Per "solidarietà", Fede indirizza la teenager da Lele Mora che la "svezza" e in quello stesso anno la destina alle serate di Berlusconi. Alcuni testimoni riferiscono che nel 2009 Ruby frequenta in due occasioni Villa San Martino. Lei lo conferma: "Frequento Berlusconi da quando avevo sedici anni". L'incontro con il Sovrano non sarà occasionale. Il Drago ne incapriccia. Dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 si contano 67 contatti telefonici tra Ruby e il presidente. Una telefonata al giorno, quasi.

4. "E' la 28esima persecuzione"
Dice il premier: "Ho avuto finalmente modo di leggere le 389 pagine dell'ultima vera e propria persecuzione giudiziaria, la ventottesima in 17 anni". Il numero dei processi di Berlusconi è un mistero misericordioso che cambia a seconda delle ragioni. Dice il Cavaliere: "In assoluto [sono] il maggior perseguitato dalla magistratura in tutte le epoche, in tutta la storia degli uomini in tutto il mondo. [Sono stato] sottoposto a 106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni" (10 ottobre 2009). Nello stesso giorno, Marina Berlusconi ridimensiona l'iperbole paterna: "Mio padre tra processi e indagini è stato chiamato in causa 26 volte. Ma a suo carico non c'è una sola, dico una sola, condanna. E se, come si dice, bastano tre indizi per fare una prova, non le sembra che 26 accuse cadute nel nulla siano la prova provata di una persecuzione?" (Corriere, 10 ottobre 2009). Qualche giorno dopo, Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, pompa il computo ancora più verso l'alto: "I processi contro Berlusconi sono 109" (Porta a porta, 15 ottobre 2009). Lo rintuzza addirittura Bruno Vespa che avalla i numeri di Marina: "Non esageriamo, i processi sono 26". Ventotto, ventisei, centosei o centonove, e quante assoluzioni? In realtà, i processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono sedici. Quattro sono ancora in corso: corruzione in atti giudiziari per l'affare Mills; frode fiscale per i diritti tv Mediaset (in dibattimento a Milano); appropriazione indebita nell'affare Mediatrade; e quest'ultimo per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile. Nei processi già conclusi, in soltanto tre casi le sentenze sono state di assoluzione. In un'occasione con formula piena per l'affare "Sme-Ariosto/1" (la corruzione dei giudici di Roma). Due volte con la formula dubitativa: i fondi neri "Medusa" e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione; dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per "insufficienza probatoria". Riformato e depenalizzato il falso in bilancio dal governo Berlusconi, l'imputato Berlusconi viene assolto in due processi (All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2) perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato". Due amnistie estinguono il reato e cancellano la condanna inflittagli per falsa testimonianza (aveva truccato le date della sua iscrizione alla P2) e per falso in bilancio (i terreni di Macherio). Per cinque volte è salvo con le "attenuanti generiche" che (attenzione) si assegnano a chi è ritenuto responsabile del reato. Per di più le "attenuanti generiche" gli consentono di beneficiare, in tre casi, della prescrizione dimezzata che si era fabbricato come capo del governo: "All Iberian/1" (finanziamento illecito a Craxi); "caso Lentini"; "bilanci Fininvest 1988-'92"; "fondi neri nel consolidato Fininvest" (1500 miliardi); Mondadori (l'avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, "compra" il giudice Metta, entrambi sono condannati). Più che persecuzione giudiziaria, siamo dinanzi a un'avventura fortemente segnata dall'illegalità.

5. "Mi spiano dal gennaio 2010"
Dice il premier: "Pensate che la mia casa di Arcore è stata sottoposta a un continuo monitoraggio che dura dal gennaio del 2010 per controllare tutte le persone che entravano e uscivano e per quanto tempo vi rimanevano. Hanno utilizzato tecniche sofisticate come se dovessero fare una retata contro la mafia o contro la camorra". "Sappiate che la Procura di Milano mi ha iscritto come indagato soltanto il 21 dicembre scorso, guarda caso appena sette giorni dopo il voto di fiducia del Parlamento, e quindi tutte le indagini precedenti erano formalmente rivolte verso altri ma sostanzialmente tenevano sotto controllo proprio la mia abitazione e la mia persona".
Dio solo sa che cosa c'entra il voto di fiducia. Che cosa avrebbe detto se quel voto fosse stato per lui negativo? Avrebbe detto che, caduto il governo, la magistratura avvia la sua vendetta. Berlusconi deve lasciarlo credere per politicizzare una malinconica storia di prostitute minorenni e abusi di potere che con la politica non c'entra nulla. E' falso sostenere che la sua casa di Arcore sia stata tenuta sotto controllo da un anno. Dopo le dichiarazioni di Ruby (3 agosto 2010), le indagini si muovono con molta cautela. Inizialmente contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Soltanto in autunno emergono le possibili responsabilità dirette del premier. Prima di iscrivere al registro degli indagati Berlusconi, i pubblici ministeri come sempre vagliano una prima e approssimata attendibilità delle accuse. Chiedono i tabulati delle telefonate di Ruby dal gennaio 2010: davvero conosce il capo del governo? Quindi gli accertamenti sono fatti a ritroso e non in tempo reale come maligna, mentendo, il capo del governo.

6. "Hanno violato la mia casa"
Dice il premier: "Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali".
Da nessun atto dell'inchiesta si deduce che la dimora del presidente sia stata "violata". Si indaga su un prosseneta. Lo si tiene d'occhio. L'uomo si muove con prostitute al seguito. Lo si segue. Si scopre che il corteo di auto, spesso scortato da auto di Stato, varca il cancello di Villa San Martino. Il domicilio non viene oltraggiato. Piuttosto ci si deve chiedere se non lo oltraggia Berlusconi. C'è qualche buona ragione per sostenerlo. Pretende che la sua casa privata sia considerata residenza di Stato. Bene. Per questa ragione e per un elementare principio costituzionale (art. 54 della Carta: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore) Berlusconi non dovrebbe affollarla di prostitute (in forza del necessario "onore" che dovrebbe accompagnare la sua responsabilità pubblica). Dovrebbe con "disciplina" proteggere se stesso e non trascurare la sua personale sicurezza, come gli accade aprendo la porta di casa a qualsiasi ragazza italiana e straniera disponibile a trascorrere la notte con lui. La sua vita disordinata lo ha reso vulnerabile e ricattabile. Berlusconi era continuamente taglieggiato dalle sue ospiti, come si apprende dalle indagini. Viene da chiedere: questi sono piccoli ricatti, ma in quante e quali occasioni, magari internazionali, Berlusconi ha reso possibile anche grandi ricatti e chissà possono essere ancora "vivi"?

7. "Milano è incompetente"
Dice il premier: "Come prescrivono la legge e la Costituzione, entro 15 giorni dall'inizio delle indagini la Procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri, l'unico competente per tutte queste vicende. È gravissimo, ancora, che la Procura voglia continuare a indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l'altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poiché il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza". E' bizzarro che Berlusconi si travesta da azzeccagarbugli e disputi sulla competenza della procura di Milano in un video televisivo e non in aula. Qui avrebbe più difficoltà ad avere ragione perché la giurisprudenza è costante. La concussione è un abuso. E' di "potere" se chi lo pratica fa leva sulle "potestà funzionali per uno scopo diverso da quello per il quale sia stato investito" (Cassazione). Per capire, sarebbe stata una concussione di potere se a telefonare in questura a Milano "consigliando" la liberazione di Ruby fosse stato il ministro dell'Interno. L'abuso può essere anche di "qualità". In questo caso "postula una condotta che, indipendentemente dalla competenze del soggetto (il concussore), si manifesta come una strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta". E' il caso di Berlusconi. Abuso di potere o abuso di qualità presuppongono due competenze diverse. L'abuso di potere di un ministro impone la competenza del tribunale dei ministri. L'abuso di qualità prescrive la competenza territoriale: dove è stato commesso il reato? Il capo di governo lo sa che questa è la domanda che decide e prova a truccare le carte. Dice: è competente Monza perché qui abita il capo di gabinetto della questura che riceve la mia telefonata. Errore. La concussione è un reato d'"evento" e non di "condotta" e dunque la competenza si radica dove si materializza "il vantaggio". E' fuor di dubbio che il vantaggio (Ruby affidata alla Minetti e sottratta alla tutela dello Stato) diventa concreto a Milano.

8. "150 poliziotti contro 10 ragazze, le mie amiche sono state maltrattate"
Dice il premier: "Gli stessi Pm. che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene (...) Queste perquisizioni nei confronti di persone che non erano neppure indagate ma soltanto testimoni sono state compiute con il più totale disprezzo della dignità della loro persona e della loro intimità. Sono state maltrattate".
E' una bubbola. All'inchiesta hanno collaborato i dieci uomini della polizia giudiziaria presso la Procura, disponibili non solo per quest'inchiesta, ma per il lavoro di tutti i 90 pubblici ministeri di Milano. La squadra mobile di Milano, venerdì scorso, ha mandato 30 poliziotti (molte donne) a perquisire gli appartamentini delle dieci amiche del premier, abituali frequentatrici di Arcore. Maltrattamenti? Berlusconi viene smentito anche da Giuseppe Spinelli, il ragioniere di Arcore, ufficiale pagatore delle amiche del presidente: "Alle 7,30 ci siamo trovati in casa cinque poliziotti della Criminalpol. Non sono stati mica sgarbati... ".

9. "Non ho pagato mai una donna"
Dice il premier. "E' assurdo soltanto pensare che io abbia pagato per avere rapporti con una donna. E' una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. E' una cosa che considererei degradante per la mia dignità".
Già Patrizia D'Addario fu pagata, anche se da Giampaolo Tarantini, per tener compagnia al capo del governo nel lettone di Putin a Palazzo Grazioli. L'inchiesta milanese invece ci racconta come nessuna delle ragazze invitate ad Arcore lasciasse la villa senza la busta con i biglietti da 500 euro preparata dal ragioniere di casa. Anche chi, come M. T., di soldi non ne voleva, si vede offrire una busta con 500 euro. Un cip. Nulla a che fare con i "7mila euro" ricevuti da Ruby. E da Iris. E da Imma. E da Barbara... Si fa prima a dire quale ragazza non è stata pagata che elencare i nomi di chi si è intrattenuto nella sala del bunga bunga o tra le braccia del Drago in cambio di un compenso. Nessuna delle ragazze che dopo cena raggiunge il sotterraneo di villa San Martino va via a mani vuote. Inutile dire quanto appaia degradata la dignità del premier.

10. "Non mi devo vergognare"
Dice il premier: "Non c'è stata nessuna concussione, non c'è stata nessuna induzione alla prostituzione, meno che meno di minorenni. Non c'è stato nulla di cui mi debba vergognare. C'è solo un attacco gravissimo di alcuni pubblici ministeri che hanno calpestato le leggi a fini politici con grande risonanza mediatica".
Berlusconi non deve vergognarsi soltanto del disonore con cui ha travolto il Paese e del discredito che oggi insudicia la presidenza del Consiglio. Il 28 maggio del 2009, a un mese dall'inizio dell'affaire Noemi, disse: "Giuro sulla testa dei miei figli di non aver mai avuto relazioni "piccanti" con minorenni. Se mentissi, mi dimetterei immediatamente". Berlusconi deve vergognarsi per le relazioni intrattenute dal 2009 al 2010 con due minorenni (Noemi e Ruby). Deve vergognarsi per aver mentito al Paese. Deve vergognarsi per non essersi ancora dimesso.

il partigiano che arrestò il DUCE. Oggi come ieri: Resistenza



Oggi, parliamo un pò di Resistenza, che visto il periodo in cui viviamo non fa mai male. Ricordiamo un uomo, ma con lui una intera generazione di italiani che seppero, spesso a prezzo della propria vita, resistere alla prepotenza fascista e nazista, riscattando l'onore dell'Italia di fronte al mondo e prendendo il destino nelle loro mani. E' esattamente quello, che ovviamente con modalità diverse e pacifiche, sarebbe necessario oggi, una straordinaria opera di resistenza civile, compiuta da ognuno di noi in forma individuale e collettiva, alla barbarie berlusconiana. Stiamo vivendo sicuramente un periodo di transizione politica, ma è in momenti come questo che le istituzioni diventano più vulnerabili, il Caimano ferito e morente è ancor più pericoloso che quando era in piena forma, l'apparato mediatico che controlla è in grado di far vivere milioni di persone nella più completa disinformazione. Spetta a noi, cittadini italiani consapevoli, prendere ora in mano il nostro destino, mobilitarci come società civile italiana che non ne può più di una dittatura mascherata e che trova la forza di ribellarsi, trascinando un numero sempre maggiore di cittadini nell'opposizione a Berlusconi, cooperando con la parte sana dei partiti affinché la nostra mobilitazione, il nostro sforzo, le nostre istanze trovino uno sbocco istituzionale che vi dia concretezza.


Ecco la storia del partigiano che uccise Mussolini.



mercoledì 12 gennaio 2011

Un'analisi interessante e che vogliamo segnalare sulla società egiziana dopo l'attacco alla Chiesa Copta d'Egitto

Dal sito Comedonchisciotte (http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php), traiamo questa analisi scritta da Miguel Martinez sulla strage dei copti ad Alessandria in Egitto. Lo voglio condividere perché penso che sia ciò che di meglio ho letto in questi tempi sugli episodi di scontro tra cristiani e musulmani in Egitto. Un punto di vista molto originale che senz'altro è molto difficile trovare sui mass-media tradizionali. 


DI MIGUEL MARTINEZ
kelebeklerblog.com

In questo blog, per mancanza di tempo, ho potuto scrivere poco di originale in questi giorni. E quindi non ho scritto nulla a proposito della strage nella chiesa di San Marco ad Alessandria, in Egitto.
Quando un individuo ancora non identificato fa una strage non rivendicata, i complottisti fanno festa.
E quindi si ipotizza di tutto: al-Qaida che vuole rovesciare il Governo Amico dell’Occidente, la Manovra dell’Opposizione, l’Attacco all’Occidente, l’Insulto al Papa oppure, perché no, il Complotto Governativo per criminalizzare l’opposizione. O magari un atto di elementi estremisti, per creare guai all’opposizione democratica dei Fratelli Musulmani, che cercano da tempo di formare un’ alleanza con i cristiani.
Non lo so; e forse non sapremo mai.
Ma ho vissuto ad Alessandria, conosco i luoghi e ho una mia percezione personale della vicenda, per ciò che può valere. Nulla di documentato e mi posso anche sbagliare.


Intanto parlo di copti, perché non credo che quel cristianesimo abbia molto a che fare con ciò che chiamiamo cristianesimo in Europa, almeno oggi.
Qualcuno avrà visto le radici della Chiesa Copta nel film Agorà, dedicato alla storia di Ipazia uccisa, proprio ad Alessandria, dai cristiani. Chi non conosce l’Egitto, avrà pensato soprattutto all’uccisione della protagonista; ma chi invece lo conosce, pensa per forza anche agli egiziani che hanno messo a morte la filosofa greca.
Forse il film aiuta a cogliere alcuni aspetti fondamentali di quel particolarissimo cristianesimo, anche se in maniera critica.
Innanzitutto, quello copto è sin dalle origini un cristianesimo radicato nelle campagne e tra il popolo delle città. Che in qualche modo univa i discendenti degli antichi egiziani contro tutti gli stranieri – ad esempio, i greci e i romani che troviamo rappresentati dal mondo di Ipazia; ma anche contro gli arabi, di cui solo lentamente avrebbero adottato la lingua.
Poi è un cristianesimo che nasce contro le istituzioni, attorno a figure di santi e asceti. Mentre, come sottolinea Philip Jenkins, il cristianesimo del resto del Nord Africa è scomparso completamente, perché strettamente legato alle istituzioni imperiali, quello dell’Egitto è sopravvissuto proprio perché perseguitato dai romani e dai bizantini.
Infine, è un cristianesimo profondamente orientale. Mi ricordo di persone che facevano la fila per baciare icone o per prostrarsi di fronte alle immagini, le lunghissime liturgie in una lingua molto più estinta del latino, l’interminabile ciclo dei digiuni, le croci tatuate sui polsi quando non anche sulla fronte, l’assoluto divieto di divorzio, la pratica della circoncisione femminile ( comunemente esercitata dai fedeli cristiani e musulmani, comunemente condannata dalle autorità religiose di entrambi), l’importanza dei gesti e delle preghiere, i santini di asceti barbuti del tutto ignoti ai calendari europei, accompagnati da misteriose fiere, gli adesivi della Madonna incollati sulle copertine dei quaderni degli studenti universitari.
Una comunità umana priva di potere politico. Ma proprio per questo, sotto alcuni aspetti privilegiata.
Storicamente, chi detiene il potere in Medio Oriente, non essendo benedetto dalla sacralità dei re occidentali o dalla mistica della nazione, vive in perenne pericolo di essere rovesciato. E quindi si circonda proprio di coloro che senza di lui, verrebbero spazzati via: eunuchi senza famiglia, schiavi, cristiani ed ebrei.
Qualcosa di questa dinamica rimane oggi: almeno quando ero in Egitto, i copti potevano fare brillanti carriere nella pubblica amministrazione e nell’esercito, proprio perché non si sarebbero mai permessi di compiere un colpo di stato.
Non tutti i copti sono ricchi, anzi. Cristiani sono per la maggior parte gli zabbalin, che raccolgono casa per casa i rifiuti, li scaricano sui loro carretti trainati da asini e poi procedono a mano alla raccolta differenziata. Nel salotto di casa. Suscitando più o meno lo stesso tipo di rancore dei mendicanti zingari che secondo me c’hanno tutti la Mercedes.
Le mani di uno zabbal, raccoglitore di rifiuti, con tatuato il volto di Gesù (anzi, a ben guardare due mani di due zabbalin diversi, per evidenti motivi di chiralità)
Però, una minoranza di copti ha una presenza sproporzionata nell‘economia egiziana. Sproporzionata non vuol dire dominante, ma certamente nelle grandi imprese, nelle banche, come tra i proprietari di negozi grandi e piccoli, è assai facile trovare dei cristiani.
L’Egitto è un paese nervoso, nonostante abbia una popolazione con la singolare caratteristica di non aver mai fatto una rivoluzione in cinquemila anni. La povertà storica non ha più la copertura dello stato sociale che si era cercato di creare negli anni Cinquanta e Sessanta.
La sopravvivenza del paese dipende in grandissima parte dal turismo, che genera capitali notevoli. Ma il turismo riguarda pochissime località e poche persone, che non hanno in genere alcuna intenzione di reinvestire i propri capitali in Egitto: molto meglio un conto in banca a Londra.
Per il resto, l’Egitto dipende in larga misura da quanto il governo riesce a farsi regalare dagli Stati Uniti o dalle reti bancarie, in cambio della propria utilità alle mire imperiali. In un clima di collasso di tutte le strutture sociali, di miseria crescente e di disoccupazione per milioni.
E’ chiaro che sia le ricchezze del turismo, che i soldi che provengono da istituzioni internazionali, passano attraverso pochissime mani, tutte vicine all’intramontabile presidente Hosni Mubarak. E’ il mondo descritto nel romanzo di Alaa al-Aswani, Palazzo Yacoubian, in cui riconosco decisamente l’Egitto che ho visto io. Vi consiglio vivamente di leggerlo.
Gli altri egiziani subiscono, mugugnano, raccontano straordinarie barzellette, lavorano dall’alba a ben dopo il tramonto per mettere insieme qualcosa. E si incarogniscono. Molti musulmani, anche non particolarmente religiosi, vedono al potere un connubio di ladri, mafiosi e cristiani.
Almeno per quanto riguarda il ruolo cristiano, è una versione distorta, però conosciamo visioni ancora più distorte in Italia – alzi la mano chi non ha sentito mugugnare cose demenziali, tipo “stanno islamizzando l’Italia con la complicità della sinistra“, oppure “i Rom hanno una corsia preferenziale per i posti all’asilo“. Che maschera il vero problema: che i posti all’asilo stanno diventando sempre di meno per tutti.
Ma qui da noi, ci possiamo permettere di prendercela con gli sfigati. La situazione in Egitto fa invece venire in mente lo Sri Lanka, dove la maggioranza buddhista ha scatenato da tempo una guerra implacabile contro i tamil, più istruiti e molto più presenti nell’economia.
Nei paesi dominanti, i media riescono a sedurre. Nei paesi dominati, l’inganno è talmente evidente, e la censura quindi così palese, che leVoci riescono a essere più credibili dei media. Ora, una caratteristica delle voci, anche da noi, è che riguardano cose che colpiscono l’attenzione. Un Travaglio che esplora i meandri delle proprietà di Berlusconi fa sbadigliare, le amanti di Berlusconi galvanizzano le masse. Ora, in un sistema come quello egiziano, sia Travaglio, sia il gossip sulle veline, devono affidarsi al circuito delle voci. Facile indovinare quali si sentano di più.
Questo significa che certe voci, fondate o meno che siano, assumono una reale importanza. L’ ">islamofobia da noi ha molte cause, sia sociali che frutto di precise decisioni, ma per gli islamofobi, si tratta sempre di storie – il crocifisso che si presume offeso, la carne di maiale che scompare da una mensa scolastica, la rumorosa predica dell’imam, il modo in cui una donna copre i propri capelli.
Nel Medio Oriente molte azioni reali sono prodotte davvero da storie. Sarà vero che la guerra di Troia riguardava il controllo delle vie commerciali dell’Egeo, ma se ce la ricordiamo, è per via della storia di Elena.
E nel conflitto tra copti e musulmani, ci sono molte Elene.
Infatti, la straordinaria convivenza di etnie in Medio Oriente si è sempre basata su un patto, che si può riassumere nel concetto, io non guardo tua figlia e tu non guardi la mia. Che molti italiani di ceto medio-alto non riterranno il massimo, ma che è quasi inevitabile in una società in cui l’unica barriera contro la morte per fame è costituita dalle reti familiari.
Qualunque siano i motivi incoscienti degli scontri tra copti e musulmani in Egitto, i motivi coscienti, quelli che girano nel circuito delle Voci, riguardano quasi sempre un unico tema: la violazione di tale patto.
Se la Chiesa copta è riuscita a sopravvivere a 20 secoli di dominio altrui – tra pagani, ortodossi e musulmani – è anche per la suaintransigenza su queste faccende.
Nel 2004, Wafa Constantine, moglie del prete copto di un villaggio nel delta del Nilo, abbandonò il marito (prete), accusandolo di usarle violenza  e si dichiarò musulmana,  suscitando un’ondata di manifestazioni di protesta cristiane; fu presa dalla polizia e riconsegnata ai cristiani.
Da allora, non se ne hanno più notizie, ma i musulmani ovviamente l’hanno inserita nella propria lista di martiri.
Nel 2005, due giovani laureate in medicina cristiane del Fayyum, Marianne Makram Ayad e Teresa Ibrahim scomparvero, per poi riapparire dichiarandosi convertite all’Islam. Migliaia di cristiani scesero in piazza, brandendo croci e sostenendo che le conversioni erano state forzate, finché la polizia non le interrogò. Pur constatando  che le conversioni erano state volontarie, la polizia le riconsegnò ai copti, che poi le sottoposero a “consulenza pastorale” in un luogo segreto.
A ottobre del 2008,  il cristiano Rami Khilla è riuscito finalmente a rintracciare, al Cairo, il musulmano che aveva osato fuggire con sua sorella, Maryam: entrato nell’appartamento, Rami ha ucciso lui e ferito gravemente lei e la loro bambina. Appena una settimana prima, un cristiano era stato ucciso in una lite con un musulmano che lui accusava di aver corteggiato una ragazza cristiana.
A novembre del 2009, un cristiano fu accusato di aver violentato una musulmana dodicenne a Nag Hammadi – alcuni musulmani reagirono sparando sui cristiani che uscivano da una messa, uccidendone sei.
L’ultima strage è invece legata a un episodio che ha suscitato un’ondata di follia: Camelia Shehata Zakher, un’insegnante di scienze naturali copta trentenne, moglie di un prete, si è recata presso l’università di al-Azhar per formalizzare la propria conversione all’Islam.
I copti hanno cominciato a organizzare manifestazioni di protesta, per cui l’università di al-Azhar, probabilmente sotto pressione governativa, ha negato la conversione; e Camelia è stata oggetto di un drammatico rapimento da parte di uomini della sicurezza di stato egiziana, che l’hanno riconsegnata ai cristiani.  In seguito, Camelia è scomparsa.
Nel frattempo,  l’avvocato cristiano della Chiesa,  Naguib Gibrail, dopo aver ringraziato la polizia, ha suggerito come soluzione definitiva al problema delle conversioni il raddoppio dello stipendio ai preti, in modo che potessero tenere le proprie mogli in casa, lontane da islamiche tentazioni sul posto di lavoro.
Voi potete immaginare l’effetto che fa su una gioventù poco cinica come quella araba musulmana, una vicenda da principessa-rapita del genere.
Aggiungiamo che i musulmani fanno in genere confusione tra “i cristiani” all’incirca come gli occidentali fanno confusione tra “i musulmani”.
Aggiungiamo che invece il numero di musulmani che conoscono lingue occidentali è infinitamente superiore al numero di occidentali che conoscono lingue orientali. E quindi hanno ben chiaro che ovunque in Occidente si dice che in nome della Civiltà Giudeo-Ateo-Cristiana, bisogna sconfiggere l’Islam.
Ergo, c’è una campagna mondiale cristiana per distruggere l’Islam, e il predicatore della Florida o il leghista di Bergamo sono uguali al negoziante copto sotto casa.
Così, alcuni mesi fa, in nome di Camelia, un gruppo estremista a Baghdad ha compiuto una  spaventosa strage in una chiesa di cristiani che non hanno mai avuto nulla a che fare con i Copti, anzi sono dottrinalmente agli antipodi.
Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in Egitto per la libertà di Camelia, che è diventata una causa come, alcuni decenni fa da noi, lo fu l’omicidio di Pinelli nella questura di Milano. Umm Usama presenta sul suo blog  la versione diffusa tra i musulmani: non è tanto importante se corrisponde fedelmente ai fatti, quanto sapere che è così che tanti musulmani pensano che siano andati i fatti.
Per una storia, purtroppo, si può uccidere, se dietro ci sono dietro le pressioni e le motivazioni sociali necessarie.
Speriamo che Camelia faccia meno morti di Elena.
Miguel Martinez
Fonte: www.kelebeklerblog.com/
Link: http://kelebeklerblog.com/2011/01/04/la-strage-dei-copti-ipazia-elena-dalessandria-e-la-globalizzazione-tenebrosa/
5.01.2011

Un esempio di ignoranza bestiale da parte del Comune di Modena (giunta di destra ovviamente)



E' allucinante che gente pagata per amministrare una città, nemmeno piccola come Modena, possa arrivare a livelli di ignoranza simili. E' necessaria una rinascita culturale che spinga nel ghetto simili discorsi e prese di posizione, è necessario che tutti i cittadini dotati di un minimo di buon senso si uniscano per combattere il razzismo e l'ignoranza, per sconfiggere questa destra xenofoba, provinciale, arretrata culturalmente





Modena 5 ottobre 2010
Al Sindaco di Modena
Al Presidente del Consiglio Comunale di Modena

ORDINE DEL GIORNO

OGGETTO: POLITICHE PER L’INTEGRAZIONE – ORDINANZA DEL SINDACO CHE PREVEDA CONTROLLI DEI LUOGHI DI CULTO ISLAMICO, IL DIVIETO DI PORTARE IL BURCA E SIMILI VELI IN LUOGHI PUBBLICI ( COMPRESE LE SCUOLE), L’OBBLIGO DI FREQUENZA A CORSI DI ITALIANO E CORSI PER L’APPRENDIMENTO DELLE LEGGI FONDAMENTALI, A PARTIRE DALLA COSTITUZIONE, PENA L’ALLONTANAMENTO QUALI PERSONE NON GRADITE.

IL CONSIGLIO COMUNALE
Premesso che:

- Una grande indignazione ha sollevato il caso di Novi, nel quale un uomo musulmano ha ucciso, lapidandola, la moglie, madre della ragazza Noshem, che si era ribellata al padre-padrone che voleva mandarla in sposa predestinata ad un cugino;
- i dati ufficiali in Italia indicano in n. 2.000 i casi di matrimoni combinati, ma i mediatori culturali denunciano una situazione ben più grave, sostenendo che tali sono l’ottanta per cento dei matrimoni;
- le tradizioni culturali degli immigrati provenienti dal terzo mondo, di matrice islamica, considerano la donna come una schiava che si possa “vendere”, nel caso in cui il padre decidesse esser “conveniente” il matrimonio; tradizioni che s’impongono e si tramandano per identità culturale, lontana anni luce dalla nostra e inaccettabile;
- nel caso di ribellione a questa tradizione, gli uomini arrivano ad usare le mani al punto che il padre uccide, lapidandola, la madre e il fratello tenta l’omicidio a colpi di spranga sulla sorella;
- quest’episodio ha suscitato orrore e rabbia nei confronti di costoro che si comportano come animali ( qualcuno vorrebbe imprigionarli e gettare la chiave).

Ritenuto che:

- il caso non possa essere considerato isolato, alla stregua di un colpo di follia, ma che sia indice del malessere sociale causato dal multiculturalismo e soprattutto da un diffuso mondo fondamentalista, che sta prendendo corpo anche in Italia;
- il multiculturalismo senza controllo e senza regole, provoca un forte malessere sociale;
- pur nel rispetto dei popoli, senza alcuna volontà xenofoba, queste tradizioni culturali sono barbare e devono essere combattute nel mondo globale, ma anche e soprattutto a casa nostra.

Considerato che:

- in un paese come l’Italia che pone tra i suoi principi fondanti la libertà del singolo, con il limite fissato da regole e leggi, che tutti devono rispettare, non può essere accettato chi non rispetta tali leggi e tramanda altri principi, quali l’imposizione del velo (indice di sottomissione della donna), la bigamia, il rispetto rigoroso del ramadan ( contrario ad ogni moderna igiene sanitaria, soprattutto per i bambini), l’imposizione dei matrimoni combinati, nel principio che sono i padri a scegliere i mariti senza alcun rispetto delle figlie che vorrebbero per legge naturale accompagnarsi all’uomo che amano;
- alle parole d’indignazione suscitate dall’orrore del momento, devono seguire necessariamente provvedimenti e fatti concreti,


il Consiglio comunale
IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA

Ad emettere rapidamente un’ordinanza che imponga il divieto per le donne di portare il burca o veli assimilabili in luoghi pubblici ( comprese le scuole), agli immigrati, uomini e donne, soprattutto di fede musulmana, di frequentare un corso di apprendimento della lingua italiana, della cultura italiana, delle leggi italiane a partire dalla Costituzione, con il sostenimento di un esame finale per accertarne la conoscenza e l’accettazione, che deve essere espressa con un atto formale. L’ordinanza deve prevedere che il riscontro positivo di tali condizioni ( superamento dell’esame e accettazione delle leggi italiane) sia la condizione sine qua non per accedere ai servizi sociali della collettività. Coloro che non accettassero le condizioni, dovranno essere accompagnati dalle forze di polizia municipale fuori dei confini territoriali del nostro comune, quali persone non gradite, perché facenti parte di una comunità con identità culturale e di appartenenza che potrebbe portare qualcuno di costoro a compiere atti criminali come quelli succitati e come tali non accettabili. Anche nel caso di superamento delle condizioni l’ordinanza deve prevedere un lungo periodo di monitoraggio, tramite i servizi sociali e i mediatori culturali, del rispetto delle condizioni poste.
Adolfo Morandi
Pellacani Gian Carlo
Olga Vecchi

martedì 11 gennaio 2011

Su Julian Assange e wikileaks - Il documentario offerto da "Il Fatto Quotidiano"

Prendiamo dal sito di uno dei nostri quotidiani preferiti, "Il Fatto Quotidiano" e pubblichiamo per ricordare che Julian Assange sta rischiando la vita per la libertà d'espressione. Ma soprattutto, come Assange ripete spesso, perché la Storia non sia falsificata dai vincitori, o da chi ha interesse a cambiarla e ne ha il potere, perché tutti possano conoscere i fatti che compongono la Storia, anche quelli che non si vorrebbe la gente conoscesse.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/31/wikirebels-il-documentario/84264/

Il documentario sulla vita di Assange e le storie di wikileaks è un pezzo di Storia che vogliamo registrare.

martedì 4 gennaio 2011

ALCUNE IMPORTANTI OSSERVAZIONI SUL MOVIMENTO DEI FRATELLI MUSULMANI OGGI: VECCHIE E NUOVE GENERAZIONI

Per capire chi sono i famosi Fratelli Musulmani e cosa vogliono crediamo sia importante conoscere le caratteristiche della composizione sociale, politica e ideologica dell'insieme del movimento oggi, in un momento in cui le nuove generazioni stanno provocando un forte mutamento nell'ideologia del gruppo. 
Per comprendere meglio il ruolo delle nuove giovani generazioni della Fratellanza, bisogna 
esaminare la struttura generazionale della organizzazione dei Fratelli Musulmani.

Possiamo dividere la composizione sociale della Fratellenza in circa quattro generazioni principali. Dopo la generazione dei fondatori della Fratellanza, quindi di Hasan al Banna e dei suoi seguaci (di cui non è oggi rimasto nessun esponente in vita), fautori di un'islamizzazione dal basso e di un ritorno, attraverso l'adozione dell'islam come stile di vita, ad una società basata sui valori islamici e infine sulla legge islamica, che nella loro visione poteva imporsi solo quando tutto il popolo l'avesse scelta come alternativa all'imitazione dei modelli occidentali, abbiamo quella che viene chiamata la prima generazione, denominata anche "la vecchia generazione" (al jiil al qadim). Essa è composta dai membri che hanno vissuto in prima persona la repressione nasseriana durante gli anni ‘50 e '60. Oggi, questa vecchia generazione, i cui membri hanno un’ età che va dai 60 agli 80 anni, nel suo insieme, esprime le personalità con la visione più conservatore del movimento, sotto tutti i punti di vista: ideologico, politico e religioso. Il loro obiettivo primario è la sopravvivenza del movimento e la conservazione istituzionale della Fratellanza come organizzazione coesa, e questo li rende intellettualmente rigidi e chiusi. In parte come conseguenza delle loro esperienze storiche, questa generazione tende a mettere più peso sul lavoro di da’wa sotterraneo e su altre forme di mobilitazione ideologica piuttosto che sull’azione politica.
Alcuni membri di rilievo ed esponenti di questa generazione sono la precedente Guida generale, Mahdi Akef, che ha 81 anni, il mufti della Confraternita e membro dell'Ufficio Generale (di presidenza di orientamento), Sheikh Abdullah al-Khatib, che ha 80 anni, il deputato della Guida Generale,
Il secondo gruppo generazionale potrebbe essere chiamato la generazione dei pragmatici. E’ composto da membri che sono maturati durante il ritorno della Confraternita nell’arena politica durante gli anni ‘70. I rappresentanti più noti di questa generazione sono Essam al-Erian, il capo dell’ uffico politico  della Confraternita, Abd al-Moneim Abu al-Futuh.

La terza generazione è composta dai cosiddetti neo tradizionalisti. Questi membri maturarono nella Confraternita nel corso della scontro con il regime di Mubarak nei processi nel 1990 e nei processi alla leadership della Fratellanza davanti al Tribunale militare nel 1995. Queste dure esperienze contribuirono a rafforzare in questa generazione, la cultura segreta e chiusa del movimento e la tendenza a preferire il lavoro ideologico sotterraneo e di base senza dare particolare importanza alla politica. Con un’età media generalmente sulla quarantina, questo gruppo è fedele ai membri più anziani dell’ organizzazione. Come la “vecchia generazione” (al jiil al qadiim) con cui sono più in sintonia, sono ideologicamente e religiosamente dei conservatori, dominano i vari uffici amministrativi dell'organizzazione e detengono saldamente le posizioni di leadership di medio livello nelle zone di provincia.


Gli esponenti del quarto gruppo generazionale sono giovani tra i 20 ei 30 anni[1], la maggior parte di essi vive nelle aree urbane come Il Cairo, Alessandria, Mansura. Si caratterizzano per la maggiore apertura mentale  e per la loro vivacità e curiosità, che a volte raggiunge quasi l’irriverenza rispetto ai loro confratelli più anziani. Tra gli ormai numerosissimi ed in continua evoluzione bloggers legati alla Fratellanza vanno segnalati Hossam el-Hamalawy,  uno dei bloggers più famosi in tutto l’Egitto, che dihicara che i Fratelli Musulmani sono stati tra i primi movimenti in assoluto ad usare internet e le e-mail, e che lui riceveva per il suo blog comunicati della Fratellanza sin dal 2002.
Ana Ikhwan (I’m a Brother),  è tenuto da un giovane di nome Abd al Moneim Mahmoud, un giovane riformista quasi trentenne. Tramite il suo blog ha creato un vasto network relazionale con i principali attivisti e bloggers laici, liberali, dei movimenti per i diritti umani. Attraverso il blog condusse una famosa campagna per il rilascio di - Abd Elkarimn Soliman, un blogger laico che è stato condannato a 4 anni di prigione con l’accusa di aver insultato l’islam, Incitato alla sedizione e per aver diffamato il Presidente Mubarak. Il blog di Abd al Moneim Mahmud è molto visitato anche per il suo interessamento alle campagne di arresti. Il blogging giovanile rappresenta una sfida  interna sempre più rivoluzionaria per una organizzazione tradizionalmente chiusa, come i Fratelli Musulmani. I giovani blogger della Fratellanza hanno iniziato ad impegnarsi in un’opera di auto-critica e hanno iniziato a criticare apertamente la leadership del movimento, le sue strutture organizzative, la sua rigida politica e il suo discorso religioso.
La nuova ondata di blogging non è stato e non è un fenomeno limitato ai giovani maschi, anzi, numerose Sorelle Musulmane hanno anche iniziato a bloggare, senz’altro un nuovo sviluppo non solo per la Fratellanza, ma anche per la società egiziana in generale, che rimane intellettualmente una società conservatrice.

Ammirano la capacità dell’AKP di mescolare l'Islam, la democrazia, e il nazionalismo, credono che la Fratellanza dovrebbe sforzarsi di fare il stesso mediante la creazione di un partito politico, distinto dalla sua missione religiosa. A questo proposito, sostengono in linea di principio la separazione tra la visione religiosa e l’azione politica.
Per questi giovani Fratelli, la cittadinanza dovrebbe essere il principio organizzativo primario dello Stato, che a sua volta deve tutelare i diritti delle minoranze e garantire l'uguaglianza dei cittadini, indipendentemente dal colore, etnia, religione o sesso. Un punto di vista decisamente laico e che non può certamente essere ben visto dalla “vecchia generazione”, i cui riferimenti alla Shari’ah e allo Stato islamico sono ancora molto forti.
Solo attorno alla seconda metà del 2007, quando il fenomeno dei blogger cominciò a ricevere una notevole copertura mass-mediatica, la Fratellanza ha cominciato ad interessarsi realmente a questi giovani e si è aperta alle istanze dei giovani, dando ulteriore slancio alla loro lotta contro la rigidità ideologica e organizzativa del gruppo.
Buona parte del futuro del movimento dei Fratelli Musulmani si gioca proprio attorno al dibattito interno, osservato con molta attenzione da numerosi esperti internazionali, tra i riformisti e i conservatori. Anche la pesante e durissima campagna di arresti iniziata nel 2006 con l’arresto dell’amatissimo Khairat al Shater, uno dei leader più influenti della Fratellanza, molto vicino ai giovani, ha influito sugli equilibri interni e sta condizionando l’esito di questo scontro ideologico. Un esempio clamoroso si è avuto quando a fine Giugno 2009 gli apparati di sicurezza hanno arrestato il leader dell’ala riformista Abdel Mon’em AbulFutuh, leader dell’Unione dei Medici Arabi e tra i fondatori del cartello di movimenti di opposizione “Kifaya”. AbulFutuh era un candidato forte alla Guida Generale, al posto di Mahdi Akef, rappresentante invece della “vecchia generazione”. 
Infatti dopo l'arresto nel giugno scorso del papabile, pragmatico, famoso anche all'estero Abdel Moneim AbulFutouh i Fratelli Musulmani egiziani mettono finalmente un punto fermo sulla loro guida suprema dopo mesi di scontri interni. Ed eleggono un conservatore, molto più giovane della guida suprema dimissionaria Mahdi Akef. Infatti il nuovo leader dei Fratelli Musulmani egiziani si chiama Mohammed Badie, ha 67 anni, è considerato una figura poco carismatica e sostanzialmente poco conosciuta. Appartiene però al Gruppo 1965, a coloro che furono arrestati assieme a Sayyid Qutb in una delle più dure repressioni contro i Fratelli Musulmani. Un conservatore, appunto. Decisamente diverso da AbulFutouh, considerato l'esponente di rilievo dell'ala pragmatica, l'uomo che riusciva a parlare con l'opposizione liberale e laica, apprezzato da quasi tutti. anche e soprattutto fuori dalla Fratellanza.

Molto è dunque cambiato da quella primavera politica del 2005-2006, quando l'opposizione egiziana sembrava esprimere una via nuova alla dissidenza. Nel Gennaio 2010 pare che la Fratellanza abbia scelto la rigidità, l'ortodossia. AbulFutouh, come altri pragmatici, è in galera.

I giochi ovviamente non sono conclusi, intanto perché Mohammed Badie ha fama di essere persona molto indipendente, poi perché nella Fratellanza, la “Shura” nel vero significato islamico del termine, la consultazione, è sempre stata molto importante. C’è un inoltre un forte sistema di contrappesi, perciò se cambiassero le circostanze politiche e si allentasse la repressione, che sfavorisce i riformisti, potrebbe cambiare completamente anche questa direzione intrapresa dalla Fratellanza.


[1] La fascia di età tra i 15 e i 28 anni in Eitto rappresenta bel il 28% della popolazione totale ed il giovani rappresentano il sottogruppo più numeroso all’interno della Fratellanza. In particolar modo dal 2005, le università sono diventate tra i luoghi dove il movimento dei Fratelli è più forte e da cui provengono molti dei militanti più attivi.