mercoledì 29 giugno 2011

Prime due presentazioni del mio libro sulla rivoluzione egiziana!

Prime due presentazioni del mio libro appena uscito, con prefazione di Franco Cardini, sulle rivoluzioni arabe, con una profonda analisi della rivoluzione egiziana e dei gruppi, blogger, realtà e partiti di sinistra o islamisti, come i Fratelli Musulmani che sono una realtà talmente radicata, (l'unica organizzazione politica ad avere una struttura ben collaudata e a contare su un ampio consenso popolare) da dover conoscere per forza. Come uomo di sinistra e studioso del mondo arabo credo che sia imprescindibile, anche se può non piacerci, doversi relazionare con questa formazione sociale-religiosa-politica e comprenderla nelle sue varie anime spesso in conflitto tra di loro, per poter capire anche il resto e poter analizzare gli elementi che hanno portato alla caduta di Mubarak (e se é vero che il motore della protesta e della rivolta furono fortunatamente i giovani bloggers laici e di sinistra, é anche vero che poi i Fratelli Musulmani hanno messo un pò il cappello ad una rivoluzione in cui sono arrivati molto tardi e che non condividevano agli inizi). Anche quello che sarà il futuro dell'Egitto passa per i Fratelli Musulmani, le loro divisioni e le nuove alleanze che sorgono a sinistra. Un libro che se ti interessa ti aiuterà ad approfondire realmente la situazione egiziana, aldilà delle semplificazioni giornalistiche, ascoltando e interagendo con uno studioso dell'Egitto e dell'islam politico, che ha vissuto, lavorato e fatto ricerca per 6 anni in Egitto e che non ha padroni e può parlare liberamente senza dover rendere conto a nessuno.

mercoledì 22 giugno 2011

PRESENTAZIONI "ISLAM E DEMOCRAZIA-I FRATELLI MUSULMANI IN EGITTO" di Paolo Gonzaga, prefazione del Prof. Franco Cardini

“ISLAM E DEMOCRAZIA- I FRATELLI MUSULMANI IN EGITTO”
Ananke edizioni, Maggio 2011, Torino.

Sono state fissate le prime date per le prime presentazioni del mio libro “Islam e democrazia-I Fratelli Musulmani in Egitto” a cui ovviamente é invitato ogni lettore fisso o di passaggio di questo blog, il quale é a sua volta pregato di far circolare l'informazione. Intanto faremo 2 date a Milano, entrambe in Via Padova,  che esprime tra il meglio dell'associazionismo milanese, che é una via meravigliosa, piena di piccoli tesori, come i luoghi dove farò le prime 2 presentazioni, ed é sicuramente una zona perfetta per parlare di un e il tempo talmente tiranno che si comincia in un modo e si finisce in un'altro completalibro sulle rivolte in Egitto, sui suoi movimenti politici, del passato e del futuro. Un'occasione anche per capire, confrontarsi, per discutere sui tanti temi relativi al rapporto tra islam e laicità, tra vecchie e nuove generazioni nel mondo arabo, per conoscerci maggiormente, visto che siamo tutti paesi bagnati dal Mediterraneo e dovremmo conoscerci vicendevolmente in modo molto più approfondito di quanto non accada oggi. Perciò per passare un'oretta abbondante il 3 luglio e un paio d'ore il 15 Luglio, venite ad una o entrambe le presentazioni (che tanto sono diversissime una dall'altra, perché l'argomento talmente vasto, mente diverso)

3 Luglio 2011 h.16.30 Parco Trotter, Spazio Conferenze- Via Padova 69- Milano (All'aperto)
http://www.fjestival.org/index.php/programma-completo


15 Luglio 2011 h.21.00 "Spazio Ligera", presso la grossa sala in basso, del bar "Ligera" 
 http://www.facebook.com/pages/Spazio-Ligera/96621675016



Riprendendo un mio post precedente, aggiungendo alcune riflessioni e togliendone altre, spendo due parole sul mio libro che verrà presentato.
Il libro "Islam e democrazia - I Fratelli Musulmani in Egitto", con prefazione del famoso studioso medievalista e specializzato nei rapporti Islam-Europa, Franco Cardini, tratta la rivolta egiziana e studia in modo particolare il movimento islamista dei “Fratelli Musulmani”, in quanto unica organizzazione politica ben strutturata e realmente radicata a livello popolare, e nei vari settori della società civile egiziana. Da uomo di sinistra quale sono io, cerco di analizzare le motivazioni del successo di questa organizzazione, e perciò la sua evoluzione storica e ideologica, il ruolo giocato nella “rivoluzione” e quello odierno post rivoluzione. In questo si incrociano le pagine sui movimenti laici e di sinistra che furono il cervello e il cuore della rivoluzione egiziana, e ciò che il lettore potrà scoprire, è che aldilà della retorica dei mass-media ufficiale, esiste una generazione di giovani “ribelli” dei Fratelli Musulmani,  che ha disobbedito alla dirigenza e si è alleata con i giovani laici del movimento “6 Aprile”, ( che raccoglie tendenze marxiste, liberali, socialiste o più semplicemente democratiche)creando le premesse per un movimento che cambiasse lo stato delle cose presenti
I primi contatti tra i giovani blogger laici e di sinistra e i giovani blogger religiosi della Fratellanza, avvennero tramite il carcere, dove ebbero modo di conoscersi grazie alla spietata repressione del regime di Mubarak verso chiunque non obbedisse al regime o osasse criticarlo, e di comprendere che le differenze che li separavano erano ben meno di quel che credessero, mentre i punti che li univano erano molti di più di quel che avessero mai pensato. Credo sia questo uno dei passaggi chiave che hanno portato ad una rivolta di popolo, che prima di tutto è stata una rivolta generazionale in un paese dove circa il 70% è costituito da giovani sotto i 30 anni.
Il movimento laico del “6 Aprile” nacque sull’onda della partecipazione e condivisione nelle lotte operaie del distretto industriale di Mahalla (e il 6 Aprile è la data della prima giornata di lotta condivisa tra studenti, giovani, spesso dell’alta borghesia,  e gli operai) e fu poi il motore della rivoluzione, in un’inedita alleanza tra giovani dei Fratelli Musulmani e giovani laici. In questo libro troverete come si erano già create le premesse per la rivoluzione con l’esperienza di “Kifaya”, (Ya basta/Ora basta), il primo cartello di opposizione ufficiale al regime di Mubarak, creato nel 2005 tra il rappresentante dell’ala moderata e pragmatica dei Fratelli Musulmani, Dr. Abu al Futtuh, il famoso intellettuale cristiano George Ishaak, alcuni rappresentanti dell’intellighenzia di sinistra, scrittori come ‘Ala al Aswani, e di come la saldatura successiva tra le differenti tendenze politiche contrarie al regime di Mubarak abbiano creato le premesse per la rivoluzione egiziana del 2011.
I Fratelli Musulmani, che per anni hanno costituito l’alibi per il potere di Mubarak, il quale continuava a sopravvivere in funzione di garante del sistema di alleanze internazionali filo-Usa, e di presunto baluardo contro un ipotetico integralismo islamico, spesso identificato proprio con i Fratelli Musulmani, arrivarono in ritardo sulla rivolta. Inizialmente i Fratelli Musulmani erano contrari perché il loro stile conservatore, la loro attitudine al compromesso (tipica delle vecchie generazioni e del gruppo dirigente del movimento),  gli impedivano di gettarsi in una rivolta dagli esiti ancora imprevedibili. Se furono coinvolti fu solo perché i giovani del movimento si erano gettati a capofitto nella ribellione al regime di Mubarak. 
Per cui si tratta di un libro sulla rivoluzione egiziana e sulle sue dinamiche, sul movimento dei Fratelli Musulmani con cui bisognerà fare i conti in ogni caso nel post rivoluzione, essendo come abbiamo detto l’unica organizzazione di massa, popolare, ben radicata all’interno della società egiziana (oltre che divisa in diverse anime). Da qui la necessaria narrazione su chi sono i Fratelli Musulmani oggi, come sono nati, su quale ideologia poggiano e come potrebbe essere un futuro Egitto in cui questo movimento, vedremo se dall’opposizione o dal governo, avrà inevitabilmente un ruolo centrale. E sempre da qui, l’analisi sulle varie anime che danno vita all’organizzazione islamista,  le profonde differenze che attraversano un movimento che è rimasto compatto probabilmente solo per la repressione subita che li ha costretti a fare “blocco unico”, ma che in realtà cela ben maggiori differenze di quelle che vogliano mostrare o che un lettore medio possa pensare.  Ora con la decisamente maggiore libertà di espressione presente nella società egiziana, in attesa delle prime elezioni democratiche, stanno fiorendo un gran numero di partiti e partitini. I Fratelli Musulmani hanno già formato il loro partito politico, “Hurriya wa ‘Adala” (Libertà e Giustizia) che subirà la concorrenza però sia di altre formazioni di matrice islamica, come i puristi e letteralisti salafiti, molti dei quali appartenenti alle famose “jamaat islamiyya”, (Gruppi islamici), i moderati ex-Fratelli Musulmani del “Wasat” (Centro),  o i mistici sufi che si stanno anche loro radunando in partiti politici, sia delle rinvigorite nuove formazioni laiche e di sinistra, come il Partito Comunista tradizionale, o il “Tajammu’”, di tendenza trotzkista, o i nuovi partiti che i giovani protagonisti della rivoluzione stanno formando, con la loro inesperienza ma anche con la loro enorme passione politica ed il loro enorme coraggio e pragmatismo che hanno permesso alla rivoluzione di vincere e abbattere il tiranno Mubarak. Certo, la strada per la realizzazione di una piena democrazia è ancora lontana, ma i segnali sono tanti, gli egiziani si sentono per la prima volta da decenni, padroni del loro destino e liberi di manifestare le proprie opinioni.      
Il libro può essere trovato nelle maggiori librerie o ordinato a me stesso (meglio, io faccio sconti J), per averne una copia o organizzare una presentazione,scrivere a: paologonzaga70@gmail.com

Paolo Gonzaga

Le carceri che scoppiano, gli enormi danni sociali della legge Fini-Giovanardi e una (in)giustizia di classe.


BASTA CON LA LEGGE FINI-GIOVANARDI SULLE DROGHE!

Spesso sembra che ci siano temi che molti giudicano quasi "improprio" il solo parlarne, o che comunque non toccano la sensibilità della maggioranza delle persone. Il carcere e la droga sono tra questi temi. In fondo, quasi ognuno di noi pensa: "tanto a me non riguarda", ma se tutti noi ci ricordassimo di quella bellissima frase, mi sembra di Rosseau, ma non vorrei sbagliarmi, che invitava a giudicare la civiltà di un paese dal tenore delle sue carceri. La vita in carcere deve riguardare tutti noi, perché chi é dentro sono persone che spesso sono molto più vicine a noi di quel che possiamo immaginare e nel paese alla rovescia che é l'Italia, anche una persona estremamente ligia e onesta, rischia, se non ha a disposizione un bravo ma costoso avvocato, di andarci a finire in quei gironi infernali che sono le carceri italiane oggi. E soprattutto sconvolge che delinquenti patentati che ci governano o che ronzano intorno al potere, ne facciano di ogni tipo, senza mai pagare alcuna conseguenza, mentre un povero giovane come Aldrovandi, o Cucchi, o un padre di famiglia perbene e onesto lavoratore come Branzino possano morire di percosse da parte delle forze dell'ordine o guardie carcerarie, all'interno di una prigione o in distretto o caserma che sia, per reati dove non c'è vittima se non l'arrestato stesso, eventualmente. La Fini-Giovanardi sta mandando in galera migliaia di ragazzi/e, nel nostro paese é in atto una legislazione di emergenza senza che noi lo sappiamo (per "droga" la Polizia può fare tutto, intercettare, pedinare, sfondare porte di case (all'alba in terrorizzate famiglie borghesi o operaie) e può permettersi ampli spazi di libera iniziativa rispetto alle normali procedure.  

Posto qui, un importantissimo articolo del bravissimo Franco Corleone sui danni gravissimi portati da quella legge sciagurata voluta dal bigotto fanatico e integralista cattolico, Giovanardi, assieme al suo ex-sodale, Gianfranco Fini (ricordiamocelo a volte chi ha firmato certe leggi....). Le carceri sono sovraffollate, e oltre del 50% dei detenuti lo é per fatti relativi all'uso di droga. Corleone poi ci racconta bene la macelleria sociale in atto nei confronti dei poveri sventurati che hanno l'abitudine di fumare un pò di cannabis, molto più sana secondo tutti gli studi scientifici, rispetto all'invece reclamizzato alcool. Ora perciò aboliamo questa legge infame o riformiamola, ma é necessario che si formi un movimento consapevole che metta ai primi punti dell' suo programma o agire politico, la riforma della legge sulle droghe, con la completa depenalizzazione della cannabis, e con progetti pilota di distribuzione di eroina, morfina, metadone, come stanno facendo numerosi paesi europei, a partire dalla vicina Svizzera. Solo così eviteremo inutili sofferenze, vite stravolte per un grammo di marijuana, proliferare di malattie e morti, sovraffollamento delle carceri e riusciremo davvero a sconfiggere le mafie, che si stanno mangiando l'Italia grazie ai soldi della droga che vendono a prezzi d'oro grazie al proibizionismo!


Droga e carcere, i dati del tracollo

corleone.pngFranco Corleone svela in anteprima per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 15 giugno i dati 2010 dei danni della legge antidroga.
Fonte: Il Manifesto, di Franco Corleone 15/06/2011
Lo zar è nudo, finalmente. I dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria confermano i tremendi danni sul carcere che la legge antidroga votata nel 2006 dalle Camere già sciolte ha prodotto nei cinque anni di applicazione e in particolare nel 2010.
Carlo Giovanardi architettò il vulnus istituzionale inserendo il testo proibizionista nel decreto sulle Olimpiadi e il Quirinale purtroppo controfirmò.
Eravamo stati facili profeti a immaginare le conseguenze delle norme punitive introdotte per pura ideologia e a ridicolizzare la retorica salvifica secondo la quale la gravità delle punizioni avrebbe spinto alla cura i tossicodipendenti.
La strage che si compie ogni giorno nelle carceri italiane in termini di violazione della legalità e dei diritti e che va sotto il nome pudico di “sovraffollamento”, non è un accidente naturale, ma ha una causa nella legge criminogena che si appella alla “guerra alla droga”. Veniamo alle cifre.
Al 31 dicembre 2010 il numero dei tossicodipendenti in carcere era di 16.245 detenuti pari al 24% dei 67.961 presenti (la cifra è sottostimata perché mancano i dati di Roma e di altri Istituti minori). Per una valutazione completa del fenomeno, va aggiunto il numero imponente di 27.294 ristretti per violazione dell’art. 73 (detenzione e spaccio) del Dpr 309/90, pari al 40,16% delle presenze.
Il quadro diventa ancora più sconvolgente se esaminiamo i flussi di entrata in carcere in un anno e non le presenze in un giorno. Nel 2010 nelle carceri italiane sono entrati dalla libertà 84.641 soggetti per droga, di questi 24.008 (pari al 28,5%) classificati come tossicodipendenti e 26.141(pari al 29%) per fatti inerenti l’art.73 della legge antidroga.
Ovviamente vi è un margine di sovrapposizione tra le due figure, ma è certo che più del cinquanta per cento degli ingressi e delle presenze in carcere sono dovuti a comportamenti legati alla questione droga che da problema  sociale viene di fatto declinata come vicenda criminale.
Dai dati del Ministero dell’Interno (vedi questa rubrica del 18/5 scorso), si ricava che la persecuzione si orienta per il quaranta per cento contro la canapa. Ma chi sono realmente le oltre 27.000 persone in galera a fine 2010? Sono trafficanti e spacciatori? O sono consumatori in possesso di un quantitativo di poco superiore alla soglia stabilita in via amministrativa per trasformare un cittadino in uno spacciatore presunto? Dalla ricerca in profondità eseguita in Toscana, risulta che almeno il 40 per cento degli incarcerati per l’art.73 sono consumatori o al più piccoli spacciatori. Se aggiungiamo le persone segnalate alle prefetture per semplice consumo (quarantamila giovani all’anno, per il 72% fermati con uno spinello!), dobbiamo avere il coraggio di denunciare la violenza su milioni di persone, vittime non della droga ma della war on drugs.
Pochi giorni fa si è svolto un Seminario dei giudici latini, organizzato da Magistratura democratica, che ha denunciato il carattere emergenziale delle leggi proibizioniste e la violazione dei diritti umani; con la conseguenza di un sistema giudiziario sommerso nella repressione della marginalità e debole verso i gravi reati della corruzione politica e dei colletti bianchi. Una giustizia di classe che in Italia è bene espressa dalla legge Cirielli che salva gli incensurati e calpesta i recidivi.
Il bilancio fallimentare della legge Giovanardi deve spingere a raccogliere le sollecitazioni autorevoli della Global Commission on Drug Policy per un cambio di paradigma. Una riforma subito, dunque.

domenica 19 giugno 2011

Nuovo libro sulla rivoluzione egiziana: "Islam e democrazia - I Fratelli Musulmani in Egitto


                                               































                                                                                                                                                                              E’ finalmente uscito il mio libro “Islam e democrazia- I Fratelli Musulmani in Egitto” con la casa editrice “Ananke” di Torino, in una collana dedicata all’Egitto e al mondo arabo.  
“Ananke” è una piccola casa editrice che fa un ottimo lavoro: lascia spazio ad esperti del settore, in base a criteri di reale professionalità e non in base alle apparizioni in Tv. Quando pubblica dei testi sulla città del Cairo e i suoi tesori e ghetti urbani, come nel caso della “città dei morti”, dà la parola ad una antropologa, Anna Tozzi, che ci ha davvero vissuto per alcuni anni nell’enorme cimitero del Cairo, abitato da 2 milioni e passa di persone, detto “città dei morti” e che è stata lì a lungo proprio per  studiare profondamente le dinamiche. O quando fa parlare me sulle rivoluzioni arabe e su quella egiziana in particolare, sul ruolo dei movimenti dell’islam politico, a partire dal gruppo più popolare in Egitto dei “Fratelli Musulmani”, sul movimento laico “6 Aprile”, motore della rivolta assieme a migliaia di giovani blogger egiziani di ogni tendenza, inclusi i giovani stessi dei Fratelli Musulmani, fa parlare uno studioso che si è laureato in Arabo a Cà Foscari, con una tesi sui gruppi radicali islamici in Egitto, e che poi ha vissuto 6 anni consecutivamente tra Il Cairo e i suoi ghetti dove gli islamisti esercitano una egemonia culturale indiscussa, passando per la roccaforte islamista nell’”Alto Egitto” di El Minya e poi ancora più a sud, Sohaj, città del sud Egitto dove ho speso 3 anni a periodi alternati, avendo modo di parlare con la gente, (la lingua araba ovviamente non è un problema per me parlandola, leggendola, scrivendola fluentemente ) e studiando la nuova gioventù che sarebbe stata poi quella di Piazza Tahrir, da un luogo privilegiato come il mio impiego da Lettore di Italiano presso la Facoltà di Lingue dell’Università di El Minya, o come operatore umanitario in progetti di cooperazione internazionale a Sohaj, o sempre come insegnante di Italiano presso il Centro di Cultura Italiano del Cairo, o infine come Assistente sociale per il Consolato Italiano al Cairo.  
Il mio libro tratta la rivolta egiziana e studia in modo particolare il movimento islamista dei “Fratelli Musulmani”, in quanto unica organizzazione politica ben strutturata e realmente radicata a livello popolare, e nei vari settori della società civile egiziana. Da uomo di sinistra quale sono io, cerco di analizzare le motivazioni del successo di questa organizzazione, e perciò la sua evoluzione storica e ideologica, il ruolo giocato nella “rivoluzione” e quello odierno post rivoluzione. In questo si incrociano le pagine sui movimenti laici e di sinistra che furono il cervello e il cuore della rivoluzione egiziana, e ciò che il lettore potrà scoprire, è che aldilà della retorica dei mass-media ufficiale, esiste una generazione di giovani “ribelli” dei Fratelli Musulmani,  che ha disobbedito alla dirigenza e si è alleata con i giovani laici del movimento “6 Aprile”, ( che raccoglie tendenze marxiste, liberali, socialiste o più semplicemente democratiche)creando le premesse per un movimento che cambiasse lo stato delle cose presenti
I primi contatti tra i giovani blogger laici e di sinistra e i giovani blogger religiosi della Fratellanza, avvennero tramite il carcere, dove ebbero modo di conoscersi grazie alla spietata repressione del regime di Mubarak verso chiunque non obbedisse al regime o osasse criticarlo, e di comprendere che le differenze che li separavano erano ben meno di quel che credessero, mentre i punti che li univano erano molti di più di quel che avessero mai pensato. Credo sia questo uno dei passaggi chiave che hanno portato ad una rivolta di popolo, che prima di tutto è stata una rivolta generazionale in un paese dove circa il 70% è costituito da giovani sotto i 30 anni.
Il movimento laico del “6 Aprile” nacque sull’onda della partecipazione e condivisione nelle lotte operaie del distretto industriale di Mahalla (e il 6 Aprile è la data della prima giornata di lotta condivisa tra studenti, giovani, spesso dell’alta borghesia,  e gli operai) e fu poi il motore della rivoluzione, in un’inedita alleanza tra giovani dei Fratelli Musulmani e giovani laici. In questo libro troverete come si erano già create le premesse per la rivoluzione con l’esperienza di “Kifaya”, (Ya basta/Ora basta), il primo cartello di opposizione ufficiale al regime di Mubarak, creato nel 2005 tra il rappresentante dell’ala moderata e pragmatica dei Fratelli Musulmani, Dr. Abu al Futtuh, il famoso intellettuale cristiano George Ishaak, alcuni rappresentanti dell’intellighenzia di sinistra, scrittori come ‘Ala al Aswani, e di come la saldatura successiva tra le differenti tendenze politiche contrarie al regime di Mubarak abbiano creato le premesse per la rivoluzione egiziana del 2011.
I Fratelli Musulmani, che per anni hanno costituito l’alibi per il potere di Mubarak, il quale continuava a sopravvivere in funzione di garante del sistema di alleanze internazionali filo-Usa, e di presunto baluardo contro un ipotetico integralismo islamico, spesso identificato proprio con i Fratelli Musulmani, arrivarono in ritardo sulla rivolta. Inizialmente i Fratelli Musulmani erano contrari perché il loro stile conservatore, la loro attitudine al compromesso (tipica delle vecchie generazioni e del gruppo dirigente del movimento),  gli impedivano di gettarsi in una rivolta dagli esiti ancora imprevedibili. Se furono coinvolti fu solo perché i giovani del movimento si erano gettati a capofitto nella ribellione al regime di Mubarak. 
Per cui si tratta di un libro sulla rivoluzione egiziana e sulle sue dinamiche, sul movimento dei Fratelli Musulmani con cui bisognerà fare i conti in ogni caso nel post rivoluzione, essendo come abbiamo detto l’unica organizzazione di massa, popolare, ben radicata all’interno della società egiziana (oltre che divisa in diverse anime). Da qui la necessaria narrazione su chi sono i Fratelli Musulmani oggi, come sono nati, su quale ideologia poggiano e come potrebbe essere un futuro Egitto in cui questo movimento, vedremo se dall’opposizione o dal governo, avrà inevitabilmente un ruolo centrale. E sempre da qui, l’analisi sulle varie anime che danno vita all’organizzazione islamista,  le profonde differenze che attraversano un movimento che è rimasto compatto probabilmente solo per la repressione subita che li ha costretti a fare “blocco unico”, ma che in realtà cela ben maggiori differenze di quelle che vogliano mostrare o che un lettore medio possa pensare.  Ora con la decisamente maggiore libertà di espressione presente nella società egiziana, in attesa delle prime elezioni democratiche, stanno fiorendo un gran numero di partiti e partitini. I Fratelli Musulmani hanno già formato il loro partito politico, “Hurriya wa ‘Adala” (Libertà e Giustizia) che subirà la concorrenza però sia di altre formazioni di matrice islamica, come i puristi e letteralisti salafiti, molti dei quali appartenenti alle famose “jamaat islamiyya”, (Gruppi islamici), i moderati ex-Fratelli Musulmani del “Wasat” (Centro),  o i mistici sufi che si stanno anche loro radunando in partiti politici, sia delle rinvigorite nuove formazioni laiche e di sinistra, come il Partito Comunista tradizionale, o il “Tajammu’”, di tendenza trotzkista, o i nuovi partiti che i giovani protagonisti della rivoluzione stanno formando, con la loro inesperienza ma anche con la loro enorme passione politica ed il loro enorme coraggio e pragmatismo che hanno permesso alla rivoluzione di vincere e abbattere il tiranno Mubarak. Certo ancora la strada per la realizzazione di una piena democrazia è ancora lontana, ma i segnali sono tanti, gli egiziani si sentono per la prima volta da decenni, padroni del loro destino e liberi di manifestare le proprie opinioni.      
Il libro può essere trovato nelle maggiori librerie o ordinato a me stesso (meglio), per averne una copia o organizzare una presentazione, scrivere a: paologonzaga70@gmail.com
Paolo Gonzaga

giovedì 9 giugno 2011

San Precario invita a votare 4 SI ai referendum! Per la difesa dei beni comuni!!!






Interrompo per il momento il discorso sulle "droghe", perché urge l'argomento dei 4 referendum. Tantissime sono state le realtà, i movimenti, le associazioni, i comitati (gli stessi ComitatixPisapia hanno lavorato come durante la campagna elettorale del trionfo del nostro amato Giuliano)...che si sono impegnati e si stanno impegnando per la vittoria dei SI ai referendum, e ovviamente per il raggiungimento del quorum, che é il primo obiettivo. In mezzo alle tante realtà che si sono mosse davvero, tra le più care a me, c'è il partito di Sinistra Ecologia Libertà, che si é mobilitato massicciamente, coerentemente con i propri principi fondanti, impiegando decine e decine di volontari. Ma non é di Sel che voglio parlare oggi, ma del collettivo della rete di San Precario, che é il collettivo a cui mi sento più vicino e affine nell'analisi e nella sintesi. San Precario é il soggetto politico che più sta centrando l'analisi sull'attuale composizione di classe, sui mutamenti profondi nel paradigma produttivo, sulle nuove bio-politiche, sul passaggio dal fordismo al post-fordismo, sui nuovi meccanismi di dominio e di sabotaggio, sulle nuove forme di lotta, concentrandosi sul tema centrale della precarietà,  sui nuovi bisogni e sul nuovo welfare. E se guardiamo bene, sono tutti  temi strettamente legati ai beni comuni, come l'acqua, l'ambiente, il diritto alla salute, l'uguaglianza degli esseri umani (legittimo impedimento). Perciò voglio riprendere e lanciare per tutta la rete questo bellissimo e significativo post, preso dal sito di San Precario, dove San Precario invita a votare ai referendum con 4 SI! Ascoltiamo la voce del Santo Protettore di tutti noi, perché il precariato é ormai una condizione esistenziale, e andiamo a votare in massa, perché se siamo tutti precari, facciamo che almeno il sole, l'acqua, e i beni comuni non diventino precari, rimangano per sempre beni comuni! Così come, concetti che dovrebbero essere scolpiti sulla roccia dell'eternità, come l'uguaglianza tra esseri umani tirata in ballo dall' (il)legittimo impedimento, attraverso cui un uomo si dichiara più uguale degli altri (sembrava una follia pessimistica quella di Orwell, in Italia con Berlusconi si é tramutata in realtà, neo-lingua inclusa, vedi la parola "moderati") non possano più essere messi in discussione e si stabilisca una volta per tutte che gli esseri umani sono uguali per diritti e doveri. Lascio ora la parola a San Precario:


Crediamo che nei referendum del 12 e 13 giugno prossimi ci siano due piani che si intersecano.
Il primo è quello sostanziale: da sempre sosteniamo che la precarietà sia ormai una condizione pervasiva ed esistenziale e non già solo lavorativa, ma legata ad aspetti quali la mobilità, i territori, la casa e gli affetti.
Di conseguenza, abbiamo sempre rivendicato diritti generalizzati legati anche all’accesso ai beni comuni.
Per questo l’idea stessa che un bene assolutamente primario e irrinunciabile come l’acqua diventi fonte di profitto ad appannaggio di soggetti privati per noi è semplicemente inaccettabile.
Il secondo piano è quello formale: troviamo vagamente irritante che, in questa repubblica delle
banane in cui l’arroganza populista del potere si riempie sempre la bocca di parole quali “volontà popolare”, quello stesso potere faccia di tutto per sabotare una delle rare occasioni in cui ci può essere un’espressione diretta di tale volontà, senza mediazioni.
San Precario dunque va ai referendum e si impegna a sostenere tutte le reti della società civile che sono impegnate in questa battaglia.


martedì 7 giugno 2011

Notizia ufficiale: La guerra globale alla droga "e' fallita" e i Paesi del mondo dovrebbero valutare l'ipotesi di legalizzare la marijuana, per indebolire la criminalita' organizzata. Sono le raccomandazioni contenute nel rapporto della Commissione globale per le politiche sulla droga, di cui fanno parte Kofi Annan e numerosi ex capi di Stato, in cui si esorta a trattare la droga come una "questione sanitaria".


kofi-annan.jpg

Come sa chiunque abbia attraversato questo blog, l'antiproibizionismo é uno dei temi che più ci stanno a cuore per numerose ragioni. Prima fra tutte che la proibizione é la politica "dello struzzo", che mette la testa sotto la rassicurante sabbia costituita da divise, tribunali e prigioni, per evitare di affrontare pragmaticamente un problema che é la prima fonte di entrata delle organizzazioni criminali organizzate e non, che causa sofferenze indicibili a milioni e milioni di persone, vittime in forma diretta o indiretta di un mercato nero che fa valere cento volte più dell'oro dei prodotti naturali spesso raffinati chimicamente, che se non fossero proibiti non varrebbero quasi nulla. E non solo varrebbero ben poco ma il loro uso non sarebbe più di massa e non provocherebbe le problematiche di esclusione sociale, di un apparato giudiziario ingolfato dal proibizionismo,  il sovraffollamento delle prigioni, il suicidio di adolescenti arrestati e sbattuti in cella per una o dei sigarette di un'erba che cresce naturale, come Dio, il Caso, la Saggezza Universale.... hanno voluto che crescesse spontanea ovunque nel mondo, con immense proprietà curative. Così come non dovremmo più perdere amici e fratelli a causa delle schifezze che un disperato spacciatore ha immesso nella sostanza, che di per sé ben raramente ucciderebbe, o alla criminalizzazione di un calmante come l'oppiaceo che se non ci fosse dovrebbe essere inventato, visto che é una delle poche cose che davvero calmino il dolore fisico umano, e quando ci sono persone che hanno la vita rovinata da quel dolore dovrebbero poter assumere senza problemi qualsiasi sostanza loro sentano farli stare meglio. Comunque la notizia é che finalmente sembra che se ne stiano accorgendo anche nei luoghi che contano, che il proibizionismo é un fallimento e che nuove e più liberali poliiche devono essere seguite, legalizzando la cannabis e derivati e sperimentando progetti di "riduzione del danno" sulle cosiddette "droghe pesanti", a partire dall'eroina. Ecco un articolo meraviglioso tratto da fuoriluogo.it, ottimo sito dove trovare di tutto sul mondo delle "droghe" e delle carceri, che ci racconta cosa sta succedendo nei luoghi dove si decidono le politiche mondiali sulle sostanze psicotrope.   

dal sito:http://www.fuoriluogo.it

La 'war on drugs' e' fallita. Appello della Global Commission

Fonte: Notiziario Aduc 03/06/2011
La guerra globale alla droga "e' fallita" e i Paesi del mondo dovrebbero valutare l'ipotesi di legalizzare la marijuana, per indebolire la criminalita' organizzata. Sono le raccomandazioni contenute nel rapporto della Commissione globale per le politiche sulla droga, di cui fanno parte Kofi Annan e numerosi ex capi di Stato, in cui si esorta a trattare la droga come una "questione sanitaria".
Per il rapporto serve un nuovo approccio per ridurre il consumo che sostituisca la strategia di criminalizzazione delle droghe e l'arresto dei consumatori. In sostanza, "vanno cambiati radicalmente i sistemi usati finora dagli Stati e dagli organismi internazionali per contrastare la tossicodipendenza" e "i tossicodipendenti devono essere trattati come pazienti". Queste le conclusioni ufficializzate oggi in una conferenza stampa a New York.

"Le conclusioni e le proposte che vengono dalla 'Global Commission on drug policy' confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, il fallimento delle politiche proibizioniste". E' quanto sottolinea il segretario dei Radicali, Mario Staderini,per il quale "il proibizionismo non funziona e non conviene, provocando immensi costi civili, economici, e sociali; e' una forma di repressione sociale di massa che garantisce fiumi di denaro a terrorismo e narcomafie".
Staderini, a tal proposito, ricorda che "solo in Italia sono oltre 20 i miliardi di euro assicurati alla criminalita' dalla droga proibita, mentre quattro milioni sono i consumatori trasformati in criminali, 250.000 gli spacciatori e 28.000 i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti. Da anni - lamenta il segretario radicale - questi dati non possono essere conosciuti e discussi dall'opinione pubblica".

"Sono totalmente disinformati, non e' vero che la lotta al consumo di droga e' fallita": cosi' il sottosegretario con delega alle tossicodipendenze Carlo Giovanardi commenta all'ANSA il rapporto della Commissione globale per la politica sulla droga.
"Il contrasto alla tossicodipendenza - spiega Giovanardi - ha tenuto il consumo, pur sempre preoccupante, a percentuali neanche lontanamente paragonabili, ad esempio, a quella di sostanze come il tabacco. Come spesso viene ricordato, all'inizio del '900 il consumo di droga era molto piu' alto di quanto sia adesso". Inoltre, continua, "questi signori sono rimasti indietro, gli sono sfuggiti i progressi delle neuroscienze che hanno mostrato i danni cerebrali provocati dalle sostanze stupefacenti, dall'eroina e dalla cocaina ma anche dai derivati della cannabis".
"L'idea che ci sia la possibilita' di drogarsi e di andare in giro 'fatti', provocando incidenti stradali, danni a terze persone, danni sanitari - continua - non sta ne' in cielo ne' in terra. Nelle conferenze internazionali non c'e' traccia di posizioni come questa. Nessun paese al mondo la assume, e i pochi paesi tolleranti come l'Olanda stanno facendo marcia indietro sull'uso della cannabis". "E poi che vuol dire legalizzare? Che si puo' dare la droga ai ragazzini, che la si puo' diffondere nelle scuole? Un recente studio statunitense fatto su un milione di giovani dimostra che quando c'e' allarme sui danni provocati dalla droga il consumo cala, mentre quando vengono trasmessi messaggi tolleranti i consumi aumentano" conclude il sottosegretario.

"E' sulla scia del documento della Fondazione Drug and Democracy degli ex presidenti sudamericani, uscito un anno fa, che proponeva un cambio di paradigma rispetto alla questione droga": cosi' Franco Corleone, segretario di Forum Droghe, commenta il rapporto.
Secondo Corleone - che insieme a Grazia Zuffa ha curato l'edizione italiana del volume della Fondazione inglese Transform "Dopo la guerra alla droga. Un piano per la regolamentazione legale delle droghe" - e' una linea "che si sta sviluppando e che in Italia come Forum Droghe sosteniamo da anni". "Solo i ciechi - spiega - possono continuare a perseguire una linea come quella della guerra infinita. Occorre immaginare nuove politiche. Nel libro c'e' un piano di legalizzazione di tutte le droghe, ovviamente una regolamentazione non anarchica e diversa a seconda delle sostanze".
"Nel mondo - continua Corleone - anche persone che in passato hanno avuto responsabilita' di governo, e non quindi militanti dei centri sociali, si pongono il problema che questa politica e' solo a vantaggio delle organizzazioni criminali, produce danni alla salute dei giovani (perche' si continuano a diffondere sostanze non controllate e pericolose) e una implementazione del sistema penale che provoca emarginazione e riempie le carceri di consumatori e tossicodipendenti. Questo vale in primo luogo per Italia, che e' alla retroguardia di tutto" conclude.

“Verrà un giorno in cui Giovanardi, Gasparri e Meluzzi dovranno andare in comunità per disintossicarsi dal proibizionismo.” E’ con questa irriverente profezia che il presidente di Radicali Italiani, Silvio Viale, saluta le conclusioni della Commissione globale per la politica sulla droga, il cui rapporto verrà presentato oggi a New York e che raccoglie le posizioni che Marco Pannella e i radicali sostengono da decenni.
Silvio Viale, che è stato eletto al Consigliere Comunale di Torino nel gruppo del PD, ha dichiarato:
“Si tratta di prendere atto dei danni causati delle politiche proibizioniste che continuano ad alimentare una spirale impotente tra i business della droga e dell’antidroga. Non si tratta di negare trattamenti adeguati ma di evitare un danno maggiore per i consumatori e per la società. Di certo dopo il rapporto della Commissione globale per la politica sulla droga nulla potrà rimanere come prima. Del resto il famigerato “kit antidroga gratuito” di Milano non ha portato gran fortuna alla Moratti. In attesa di auspicabili sviluppi legislativi, mi aspetto che si riduca l’ostilità verso le proposte di politiche di riduzione del danno, come ad esempio le narcosale, evitando di limitarsi ad un ciclico abbaiare contro il Tossic Park di turno. In assenza di iniziative legislative adeguate occorre creare subito Agenzie Comunali e Regionali per la riduzione del danno.

A PRESTO CON UN ALTRO POST SULLO STESSO ARGOMENTO, CON ALCUNE MIE CONSIDERAZIONI!

mercoledì 1 giugno 2011

Ancora sulla festa in Duomo, serata storica.

Un altro e ultimo post sulla serata in dimenticabile che abbiamo passato in, pare 200.000 persone, in Duomo la sera del 30 Maggio 2001, data da ricordare per sempre. L'empatia tra le persone era incredibile, l'allegria contagiosa,il pomeriggio di profonda esaltazione e felicità pura, la serata invece di vera magia, commovente. E tra un Bisio e un Paolo Rossi alcune sono state le canzoni che hanno segnato la serata e in fondo tutta la campagna di Giuliano Pisapia, e vogliamo riproporle a eterna memoria. 
Il primo video però é lo storico discorso di Pisapia in Piazza del Duomo e delle magiche atmosfere di quella serata, perfettamente riprodotte dalla bravissima artista e scenografa Francesca Bozano che ha montato questo video davvero da brividi. Francesca é la stessa artista che con immensa modestia e generosità, creò e mise a disposizione di tutti, arrivando oltreoceano, le immagini di Pisapia in versione Obama, con la scritta "YesMilan" o l'altra versione "Hope" senza nemmeno firmarle e concedendole al pubblico uso, dando una dimostrazione di sobrietà e modestia ben rare in questi tempi di esibizionismo più o meno ammesso. Un grazie a lei, grazie Fra, per lo splendido video, ne sono convinto davvero storico e magico.) Un grazie a tutta la Milano migliore, quella che si é data da fare a distribuire materiale di Pisapia, a attaccare manifesti a presenziare ai gazebo alle iniziative e a tutti quelli/e che hanno fatto qualcosa, anche solo un post a favore, per l'elezione di Pisapia! Ora Milano é libera!
ps.Il secondo video é il discorso di Pisapia così come è stato,senza alcuna influenza artistica o creativa...diretto.
E poi ci sono le canzoni simbolo, canzoni che in un modo o un altro sono state suonate e canticchiate un pò dappertutto in questi mesi e in particolare in queste settimane:
"Tutta mia la città" 
"Stalingrado in ogni città"
"Libertà é partecipazione"