domenica 31 luglio 2011

Il fossato sempre più ampio tra forze laiche e forze islamiste (Fratelli Musulmani, salafiti......)

SEMPRE PIU' FORTE LO SCONTRO TRA I LAICI (DAI COMUNISTI AI LIBERALI...) E GLI ISLAMISTI (FRATELLI MUSULMANI E SALAFITI...) 




I lettori di questo blog mi perdonino, se anche questa volta, per aggiornarvi su ciò che accade in Egitto non uso parole mie, ma riprendo in toto un post della cara amica Lia, che sto per andare ad incontrare al Cairo. Lo faccio perché appunto, lei ora é al Cairo e notizie più fresche non potremmo averne, altro che "Corriere della Sera" e giornalacci vari, quello di Lia é un articolo dalla così alta qualità che in Italia non verrebbe mai pubblicato da un grande giornale: l'analisi é troppo profonda e sconveniente per l'Occidente alleato dell'Arabia Saudita, che sta mettendo in campo le sue forze per prevenire una situazione simile a quella egiziana, intervenendo direttamente in Egitto. Ed ecco che abbiamo improvvisamente masse di salafiti-wahhabiti, che spaventano la borghesia egiziana e boicottano le iniziative dei giovani laici.

Ma ecco cosa ci scrive la nostra Lia: nel suo bellissimo blog, "Haramlik":http://www.ilcircolo.net/lia/


Salafiti, militari, laici e qualche malinteso

Leggendo in giro, mi pare che in Italia non si stia dando la sufficiente rilevanza a quelli che sono gli effettivi schieramenti politici, in questo momento, in Egitto: che da una parte ci sono i gruppi laici, cioè, che formano un ventaglio ampio che va dalla sinistra delle organizzazioni dei lavoratori fino ai liberali, e dalla parte opposta ci sono gli islamisti E i militari.
Ripeto, ché forse non è chiaro: gli islamisti stanno dalla parte dei militari e contro i laici rappresentati dal sit-in in Tahrir.
Tutti i gruppi religiosi – dai Fratelli Musulmani ai Salafiti alla Gamaa Islamiya – chiedono all’esercito, da un mese, che Tahrir venga sgombrata, ed usano nei confronti degli occupanti gli stessi insulti, le stesse categorie di accuse dei militari stessi: “portatori di caos”, di “disordine”, gente “pagata dall’estero” e via dicendo.
In piazza Tahrir, venerdì, gli slogan religiosi erano intervallati da slogan a sostegno delle Forze Armate e, tra i laici, lo sconcerto si traduceva essenzialmente nella domanda che più circolava: “Ma non si sono ancora stancati di farsi usare dall’esercito, questi? Non gli è bastato Sadat, non gli è bastato Mubarak, non imparano mai niente?
Se ne discute da mesi, in Egitto. A Maggio, l’Al Masri al Youm scriveva:
During the 25 January revolution, Salafi scholars denounced protests as un-Islamic and warned Muslim youths against engaging in the uprising, but the hard-line Muslims became visible once Mubarak and his security apparatus fell. They were emboldened to stage more protests along sectarian lines. Some went further, announcing the formation of political parties to compete in the parliamentary elections slated for September.
Some observers allege that the sudden emergence of Salafis is orchestrated by Saudi Arabia, which seeks to abort the Egyptian revolution for fear that the same revolutionary model would be reproduced on its soil.
Younis expects that after the Imbaba incident, the army will deal a blow to such radical groups. However, he voiced fears that giving the military a free hand in uprooting Salafis might threaten the prospects for a transition to civil democratic rule.
“If the army hits them and gets applauded by the middle class and the intelligentsia, the military will acquire a bigger role in Egypt’s politics,” said Younis. “This will mean that the military is the one that deserves to rule.”
Since Mubarak stepped down, the military has affirmed its commitment to instating a civil democracy. Yet, skeptics remain concerned that the SCAF might groom a presidential candidate from the barracks before the presidential poll set for December.
By a similar logic, Mubarak’s regime spent many years establishing and solidifying its legitimacy. In the 1990s, secularists, liberals and Copts rallied behind him to fight armed Islamist groups. Such support allowed him to build a draconian police state that violated human rights on the pretext of defeating Islamist opponents. After succeeding in stemming terror, Mubarak groomed his regime as the sole guardian against the resurgence of violent groups. At the same time, he implemented the same notorious strategies against peaceful opposition.
E’ uno schema più che collaudato, e stupisce davvero rendersi conto che gli anni di carcere che tanti di loro portano ancora sulla pelle non gli hanno insegnato nulla. Del resto, quello che penso io dell’islam politico è noto a chi mi legge: un po’ di leader venduti al potere di turno che muovono masse di gregari tra le cui virtù – che pure esistono, a livello umano – non brilla sicuramente l’acume. In Egitto come in Occidente, direi.
Per settimane, tutte le forze islamiste, senza eccezioni, hanno continuato a denunciare il sit-in di Tahrir, diffondendo ogni tipo di squallida, losca bugia sensazionalista contro i manifestanti, in larga maggioranza laici, accompagnati dall’agitazione diffusa dai militari stessi, che già avevano aizzato gli abitanti del quartiere di Abbassiya contro il corteo del 23 luglio.
Le forze islamiste i cui leader, senza eccezioni, sono in un modo o nell’altro alleati con le Forze Armate e in attesa della parte di bottino che gli arriverà dalle elezioni in arrivo e dalle riforme costituzionali, hanno deciso di alzare il tiro contro i rivoluzionari di Tahrir annunciando, circa due settimane fa, che avrebbero convocato una protesta di massa nella piazza per affermare “l’identità islamica dell’Egitto, denunciare il progetto di riforma della Costituzione e chiedere l’applicazione della Shari’a.” L’annuncio andava di pari passo con la campagna per “ripulire Tahrir dai laici”.
Quello che è successo dopo, l’ho scritto ieri: gli incontri tra i laici e i religiosi (Gamaa Islamiya, Partito del Nour dei Salafiti e Fratelli Musulmani) e l’approvazione di un documento comune in cui, in nome dell’unità nella giornata di protesta,  i laici si impegnavano a non lanciare slogan contro le Forze Armate e a non richiedere l’approvazione della Costituzione prima delle elezioni, e gli islamisti, in cambio, si impegnavano a non lanciare slogan religiosi e a non richiedere lo Stato islamico. La protesta doveva focalizzarsi esclusivamente sui punti di accordo.
I religiosi, con l’accordo sottoscritto, ci si sono bellamente soffiati il naso (con la lodevole eccezione di alcuni giovani dei FM che hanno cercato di fermare lo scempio senza successo) e, per protesta, i partiti laici hanno convocato una conferenza stampa per annunciare che abbandonavano la manifestazione.
Zeinobia fa notare che è previsto un incontro a Washington tra i rappresentanti dell’Esercito e la Clinton per discutere della transizione egiziana, e che quello che è successo potrebbe essere il consueto messaggio delle Forze Armate all’Occidente, in particolare all’America: lo spauracchio islamico per affossare le riforme democratiche.
Intanto, i Salafiti hanno ripreso i loro pullman e sono tornati nelle loro campagne.
(La foto, presa dal solito Arabawi, mostra un Tantawi ritratto come salafita in via Talaat Harb.)

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