lunedì 3 gennaio 2011

Noam Chomsky: "Le 10 strategie della manipolazione mediatica". Alcune osservazioni da ricordare sempre, e che in questo momento è particolarmente importante avere presente.

Il grande pensatore nordamericano Noam Chomsky spiega quali sono le strategie messe in atto dai media dei padroni per manipolare l'informazione. Le riporto dalle pagine di INFORMAZIONE LIBERA

Le 10 strategie della manipolazione mediatica

DI NOAM CHOMSKYvisionesalternativas.com

1 - La strategia della distrazione.
L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione.
Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 - La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 - La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione.
Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….
7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far sì che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...
9 - Rafforzare il senso di colpa.
Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca.
Negli ultimi 50’anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

Sugli appelli alla difesa dei cristiani nel mondo e le semplificazioni.

Analizzando i recenti appelli alla difesa dei cristiani nel mondo, penso che non dobbiamo dimenticare che tutte queste violenze accadono in paesi ex-colonie, dove oggi le multinazionali dettano legge? Dove valori essenziali come dignità individuale, diritti umani, democrazia sono parole senza significato, dove la fame .. E' il neo-liberismo a provocare conflitti mascherati da scontri etnici, religiosi, razziali, tribali...quanti morti al giorno in Iraq? E chi l'ha voluta una guerra che si sapeva bene dove avrebbe portato? In un partito di centro-sinistra non credo dovrebbe esserci spazio per posizioni neo-con e che favoriscono letture religiose degli eventi, anche perché se si scade su questo piano sarebbe facile ricordare che la stragrande maggioranza delle vittime del terrorismo "islamico" sono musulmani, a partire dall'Iraq. Ma dovremmo rifuggire letture semplicistiche e superficiali da scontro di civiltà, ma invece comprendere come i massacri del Ruanda, del Darfur (se tanti di coloro che parlano a sproposito conoscessero la vera storia del Darfur, degli interessi di numerosi attori internazionali, a partire dalle Nazioni Unite stesse fino a Stati e multinazionali, dove etnie e gruppi tribali diversissimi si sono stratificati nel tempo, provenienti da guerre diverse e generalmente da altri campi profughi, creando tutti i presupposti per un conflitto tra poveri che va solo a favorire determinati interessi, altro che conflitti religiosi ), della Nigeria, della ex-Jugoslavia, della Cecenia..fino a quello israelo-palestinese, siano legati da un filo rosso, il filo rosso del neo-liberismo. Dovrebbe essere evidente a delle menti ragionanti e che vogliano andare aldilà della lettura più tranquillizzante e propagandistica, come tutti questi siano conflitti dettati da interessi ben più materiali della religione (che come spesso accade viene usata come "copertura", come mezzo per aizzare le masse meno consapevoli l'una contro l'altra): gli interessi economici enormi provocati dai processi di globalizzazione e che un mondo che sta cambiando molto velocemente nasconde da conflitti tribali, religiosi ecc. Opponiamoci a questo modo di affrontare i problemi, a slogan populisti e letture semplicistiche...perché il berlusconismo vive di questo, (delle semplificazioni, dell'atteggiamento da tifoso, dei "buoni"contro i "cattivi"....). Impariamo ad affrontare la complessità e ad analizzarla, a consultarci e ad imparare reciprocamente nel dibattito...
Riguardo al livello erroneamente più discusso in questi giorni, quello dei rapporti tra cristiani e musulmani e tra diverse fedi in generale, tornerò nel prossimo post.
A proposito, ecco atteggiamenti che in questo senso non aiutano:

giovedì 23 dicembre 2010

RIFLESSIONI: PRECARIATO, NUOVI DIRITTI E REDDITO DI CITTADINANZA

Il presidente dell’Inps,  lo scorso 6 ottobre, sulle pagine del Corriere della Sera ha chiosato al convegno dell’Ania e Consumatori: “Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Sui quotidiani si evidenza che “questo significa che, mentre i lavoratori che entro 12 mesi raggiungono il diritto al pensionamento possono consultare online quanto riscuoteranno, per i precari l’incertezza sulle cifre è assoluta. I contributi che pagano oggi, ovvero il 26% del loro stipendio, finisce nelle casse dell’istituto di previdenza per pagare nonni e genitori. Non certo il loro futuro”.
Questa notizia dovrebbe farci riflettere sui cambiamenti in atto, sul fatto che i sindacati tradizionali non hanno ancora compreso l’importanza della tutela del nuovo soggetto centrale del paradigma produttivo della post-modernità, il precario, e che se non tentiamo di rappresentarci noi stessi e non proviamo a portare avanti le istanze di rivendicazioni di base per la vasta gamma di soggetti che rientrano nella categorie della precarietà, non ci sarà nessuno altro a farlo.   
Proprio perché il fordismo-taylorismo è terminato assieme al 20esimo secolo, bisogna prendere atto che la situazione sociale è completamente cambiata e non si può non prendere atto del passaggio del testimone epocale che è avvenuto senza dubbio almeno dai primi anni ’70: il soggetto centrale motore del cambiamento, la nuova figura destinata a rappresentare gli sfruttati, non è più l’operaio-massa della Fiat e dei grandi complessi industriali ma è ormai rappresentata da quello che alcuni marxisti eretici avevano chiamato “l’operaio-sociale” già nei primi anni ’70.
L’operaio sociale è forte e presente più che mai, deve solo ancora acquisire la coscienza di classe. Chi è l’operaio sociale oggi? E’ il precario. Oggi, nella società della post-modernità, il precariato è ormai una condizione diffusa e provata per almeno un periodo della propria vita anche dai pochi che sono riusciti successivamente a lavorare con forme contrattuali più tutelanti sul piano dei diritti, cosa comunque ormai rarissima. Personalmente però credo che non sia la precarietà in sé a costituire il problema principale, non so quanti vorrebbero tornare al vecchio posto fisso, garantito ma spesso noioso e frustrante, ammesso sia possibile nell’economia globale in cui viviamo e in un mondo dove la precarizzazione del lavoro, dei diritti, delle libertà è in piena attuazione, in un sistema economico che fa dello sfruttamento più brutale la sua caratteristica principale, in una finanza sempre più virtuale. In Italia la sinistra, sindacati in testa, non riesce ancora a capire il cambiamento radicale del paradigma e continua perciò a giocare in difesa per quanto riguarda le politiche del welfare, concentrandosi esclusivamente su lotte per difendere conquiste antiche e legittime e oggi sotto attacco, come il continuo slittare in avanti dell’età pensionabile, l’orario di lavoro nelle fabbriche… Siamo d'accordo e saremo sempre pronti a lottare per difendere le conquiste storiche del movimento operaio come avverrà a Roma sabato prossimo con la manifestazione della Fiom, ma dobbiamo rilanciare rispetto alle nuove figure del lavoro. Gran parte delle risorse destinate al welfare sono spese per le casse integrazioni, per sussidi di disoccupazione a cui i precari non potranno nemmeno aspirare mai a chiedere, perché le caratteristiche per accedervi sono legate all’economia fordista del secolo precedente, non contemplano i contratti atipici cui sono sottoposti i nuovi precari e sono praticamente disegnati per tipologie di lavoratori corrispondenti ad un modello economico ormai superato. Oppure si spendono miliardi per la formazione professionale che spesso consiste in corsi di formazione fantasma o nel migliore dei casi, inutili, quando non sia invece puro sfruttamento gratuito di manodopera altamente scolarizzata, che per tentare di entrare nel mondo del lavoro ormai passa da un master (a pagamento) a uno stage gratuito sempre più spesso.
Nell’epoca dell’operaio sociale non è più la produzione materiale di beni fisici l’elemento centrale dell’economia, ma la produzione intellettuale ed il lavoro cognitivo. I precari di oggi assorbono conoscenze e saperi e li diffondono nella società, perciò producono ricchezza, contribuiscono all’arricchimento generale. Gli individui nel loro vivere insieme producono ricchezza, e se tutti noi provochiamo ricchezza mentre viviamo, cooperando tra di noi nei più svariati campi, è giusto che tutti noi riceviamo un compenso per questa ricchezza prodotta tramite la cooperazione. Mentre viviamo produciamo saperi, conoscenze, raffiniamo tecniche collettive, produciamo valore.
Si tratta perciò di elaborare un nuovo welfare, che ruoti intorno all’idea di una società solidale. Le nuove tecnologie possono aiutarci a lavorare meno e ad avere più tempo libero. Ad esempio i servizi di cura alle persone devono essere intensificati, è assurdo che i nostri anziani debbano passare la vecchiaia in strutture tristi e alienanti, mentre potrebbero godere del calore di una comunità che li circonda.  
I precari sono ormai sempre di più e una delle prime rivendicazioni di questo blocco sociale deve essere il reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza o di esistenza dovrebbe, conformemente al paradigma attuale, essere diritto di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro situazione lavorativa. Questo per le ragioni sopra esposte, oltre che per altri motivi che è troppo lungo qui illustrare. Certamente però sarebbe velleitario cercare di passare dal regime attuale di assenza totale di supporto finanziario ai precari e di mezzi che li tutelino nei periodi di disoccupazione forzata, al reddito di cittadinanza universale. Bisognerà passare per delle fasi intermedie che contemplino inizialmente solo un reddito minimo per tutti coloro che si trovino senza un’occupazione, per qualsiasi motivo e indipendentemente dal lavoro svolto o meno in precedenza, per cui ad esempio lo studente che esce dall’università e magari dal dottorato, non deve poi accettare anni di stage non pagati o borse di studio mortificanti, master ultra-costosi per poi magari doversi arrendere e fare il cameriere nel week-end fino ad abbandonare tutto perché con le mance guadagna molto di più e anche lui in fondo magari nel frattempo si è formato una famiglia. Tutti coloro che hanno la partita Iva, nuova frontiera dello sfruttamento, dovrebbero poter contare su un minimo income nei periodi di crisi, tutti coloro che lavorano a progetto o con contratti a tempo devono avere la garanzia di una continuità nel loro reddito, così da eliminare gli aspetti più deleteri della precarietà: l’incertezza esistenziale, l’angoscia per il futuro…………
Sul piano pragmatico il reddito di cittadinanza è un’opzione realizzabile, e una sinistra che voglia ritrovare una ragione di esistenza dovrebbe puntare molto sull’istanza del reddito per tutti i disoccupati, nella cornice di un progetto complessivo per un nuovo welfare che prenda atto del cambiamento del paradigma lavorativo e produttivo. Il terzo settore, il settore della cura alle persone, dell’ assistenza sociale e della solidarietà potrebbe diventare un settore che crea lavoro e benessere per tutta la società.    
D’altra parte l’esistenza di un reddito di cittadinanza, ma anche solo di un semplice reddito minimo garantito come primo passo, avrebbe effetti positivi anche per i lavoratori dei settori tradizionali del lavoro materiale, perché non ci sarebbero più i tanti disperati che oggi accettano un lavoro per pochi soldi: se una persona riceve una cifra al mese, difficilmente sarà disponibile a farsi sfruttare per meno o per la stessa cifra o anche per una leggermente superiore. In questo modo molti dei conflitti tra poveri che caratterizzano le società moderne e l’Italia in modo particolare scomparirebbero.
Questa misura così importante potrebbe essere sovvenzionata da una tassazione sulle rendite da introdurre, tagliando dalle spese militari, combattendo seriamente il lavoro nero e l’evasione fiscale.
Fatte queste considerazioni teoriche, credo che esista ormai oggi una vasta area culturale, politica e sociale che con una sempre più diffusa consapevolezza, si batte per il raggiungimento di un allargamento del welfare e per una sua innovazione alla luce dei cambiamenti avvenuti nel paradigma produttivo. Cominciamo a far sì che la discussione diventi centrale sui mass-media mainstream oltre che sul web, elaboriamo una piattaforma rivendicativa da sottoporre a sindacati tradizionali e di base, creiamo nuove alleanze con altre realtà di precari organizzati e mettiamo queste istanze all’inizio della nostra agenda politica. L’obiettivo minimo da raggiungere nella fase attuale è quello di un assegno per tutti i disoccupati, a prescindere dai contratti che abbiano avuto in precedenza. Questa misura è già presente in tutta Europa e solo Italia e pochi altri non prevedono tale fondamentale ammortizzatore sociale: poniamolo al vertice delle nostre rivendicazioni, iniziando a sottoporlo a realtà istituzionali che avrebbero il potere di cominciare a disegnare il cammino per arrivare a tali conquiste! Continuità di reddito per i precari! 

Un pò di satira in questi giorni tristi, dove tutto cambia per rimanere uguale........

Sampietrino ha fatto il miracolo

di Michele Serra
(23 dicembre 2010)
Manifestazione del 14 dicembre 2010
Manifestazione del 14 dicembre 2010
Il ritorno degli scontri di piazza non ha colto di sorpresa gli studiosi del paranormale, l'unica disciplina in grado di interpretare gli avvenimenti italiani degli ultimi 30 anni. "Quello che è accaduto è semplice", ci spiega il professor Giorgio Mobilius, preside della Facoltà di Occultismo di Lugano: "A causa di un'eccezionale fenomeno cosmico, un fascio di fotoni partito da Sirio ha colpito proprio il vostro Paese, fermando il tempo al 1981. Per la precisione alle 18 e 26 del 14 maggio, mentre Bruno Vespa dedicava la prima copia del suo primo libro a una contessa romana alcolista e Dalla e De Gregori partivano per la loro prima tournée. Nel resto del mondo il tempo è andato avanti, da voi no".

Coincidenze quasi incredibili sembrano rafforzare l'ipotesi. La polizia scientifica ha accertato che uno dei sampietrini usati contro la polizia è lo stesso lanciato dall'autonomo Gigi Stramone contro l'agente della Celere Gennaro Piriniello proprio quel giorno del 1981. E la cosa più singolare è che a lanciarlo, trent'anni dopo, è stato il figlio di Stramone, e a riceverlo in testa il figlio dell'agente Piriniello. 

Altro indizio sconcertante: poco distante dal luogo dei recenti scontri c'era un concerto di Dalla e De Gregori, identico a quello del 1981. E Bruno Vespa stava firmando una copia del suo nuovo libro alla stessa contessa alcolista! "Avrebbe dovuto essere morta da tempo", incalza il professor Mobilius, "a causa della cirrosi avanzata. Come mai è ancora viva? Ovvio: perché il tempo si è fermato". Identico, trent'anni dopo, anche lo stipendio dei celerini, che su decisione di Tremonti sono pagati ancora in lire.

Significativa la storia di quel sampietrino, ricostruita dai Ris di Parma. Dopo gli scontri del 1981 fu abbandonato in un cumulo da usare per la sistemazione del selciato. Una delibera dell'allora assessore Mencaccioni stabilì che doveva essere risistemato, ma trent'anni dopo l'appalto non era stato assegnato e il sampietrino era ancora lì. Senza saperlo, il figlio dell'autonomo che lo aveva lanciato trent'anni fa lo ha raccolto e nuovamente lanciato. E il nuovo assessore, figlio del vecchio assessore Mencaccioni, ora dovrà dare applicazione alla delibera di suo padre risistemando il sampietrino prima che, tra circa trent'anni, il nipote dell'autonomo Stramone lo raccolga nuovamente e lo rilanci sulla 

testa del nipote dell'agente Piriniello.

Dalle fotografie dell'epoca si è scoperto che gli avventori seduti al tavolino del bar Rosati, che assistono agli incidenti del 1981 mangiando un tramezzino, assomigliano in modo impressionante agli avventori ripresi dalla tivù due settimane fa. Sono gli stessi avventori, bloccati nel tempo? Sono i loro figli? Anche il tramezzino è lo stesso di allora, come dimostra la smorfia di disgusto del cliente che lo addenta. 
Divisa la classe politica. Ignazio La Russa giudica "risibile l'ipotesi che il tempo si sia fermato. Lo dimostra il fatto che trent'anni fa ero tra gli arrestati, e oggi sono ministro". Dubbioso Walter Veltroni: "È vero, oggi come trent'anni fa riordino i miei album di figurine. Ma oggi senza occhiali non ci riuscirei". Incredulo il papa, che giudica improponibile l'idea che la storia si sia fermata al 1981. "In Italia è ferma dal1545, Concilio di Trento".

I ragazzi del movimento, agghiacciati all'idea di essere dei cloni dei loro genitori, o addirittura i loro stessi genitori congelati nel tempo, hanno confrontato le immagini di allora e di oggi, e si sono accorti che l'abbigliamento è identico. Sola differenza il prezzo dei caschi, triplicato. Per voltare davvero pagina, andranno al prossimo corteo in giacca e cravatta. Le ragazze in gonna scozzese e calzettoni al ginocchio.

mercoledì 15 dicembre 2010

la 'ndrengheta in Lombardia, il PdL e la Lega...e la Boccassini


Leggendo il seguente articolo del "Fatto Quotidiano"mi viene da pensare. Intanto, che la Lombardia è sotto il controllo completo delle mafie. Abbiamo visto come la 'ndrangheta in particolare ormai ne controlli il territorio in modo capillare, e ci sono state addirittura guerre interne per "trasferire" la capitale, il centro decisionale delle 'ndrine, dalle roccaforti storiche della Calabria a Milano. Guerre destinate a intensificarsi, perché ormai la 'ndrangheta è troppo forte in Lombardia, dove ci sono tanti soldi, e dove hanno trovato tanti politici e colletti bianchi, spesso insospettabili, quasi tutti dell'area PdL, ma con un massiccio coinvolgimento anche della Lega Nord, che li sostengono o addirittura si alleano organicamente.  Poi mi viene da pensare che le campagne isteriche razziste contro gli immigrati che sono il cavallo di battaglia della Lega Nord, servono non solo a prendere voti facili parlando al peggio che alberga negli animi umani, spesso in quelli dei più indifesi culturalmente, ma anche a coprire l'incapacità di contrastare il vero problema, cioè l'infiltrazione continua delle mafie nel tessuto sociale, politico, produttivo.... della Lombardia. Infine che la Boccassini è un grande magistrato,  a cui va tutta la solidarietà della gente onesta, che quando arresta i mafiosi è brava e il governo si vanta degli arresti (senza fare mai il nome del magistrato ovviamente), ma quando inquisisce e mette sotto processo Berrlusc0ni e il governo la chiamano "toga rossa"...... 
‘Ndrangheta, Ilda Boccassini denuncia
l’omertà degli imprenditori milanesi
Domani la Dda di Milano invierà la richiesta di giudizio immediato per 174 persone arrestate nella maxi operazione 'Crimine' lo scorso luglio. Il pm: "Nel capoluogo lombardo pochi denunciano di essere vittime di estorsione e usura"
La Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano inoltrerà domani la richiesta di giudizio immediato per 174 persone arrestate lo scorso luglio nel corso della maxi operazione che ha decapitato i vertici della ‘ndrangheta in Lombardia. Lo ha annunciato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini in una breve conferenza stampa a Palazzo di Giustizia tenuta insieme al procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, quello di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto per Reggio Calabria Michele Prestitino e il capo della Dda calabrese, Nicola Gratteri. Tutti gli imputati sono stati arrestati nel maxi blitz condotto a luglio nell’ambito dell’operazione “Infinito” a Milano e “Crimine” a Reggio Calabria. L’inchiesta, è stato ricordato più volte oggi, è nata dalla stretta collaborazione tra i due capoluoghi. “La sinergia – ha sottolineato Pignatone – è del resto la carta vincente per sconfiggere un’organizzazione come la ‘ndrangheta che ha capacità espansiva in molti territori, nel Nord Italia, ma anche in Svizzera, in Germania, in Olanda, in Canada e Australia”. “Mai ci potrà essere contrasto – ha aggiunto Ilda Boccassini – tra le due procure che lavorano in piena sinergia con le forze dell’ordine”.

La richiesta di giudizio immediato, con cui si salta la fase dell’udienza preliminare, riguarda fra gli altri il presunto boss della ‘ndrangheta in Lombardia, Giuseppe ‘Pino’ Neri, e Pasquale Zappia, che avrebbero diretto la cupola lombarda dopo la morte del boss Carmelo Novella. Fra gli arrestati per cui è stato chiesto il rito immediato ci sono i numerosi boss delle 15 ‘locali’ sparse tra Milano, la Brianza, il Comasco e Pavia, che sono state individuate dagli inquirenti con l’operazione Infinito-Crimine. Tra gli imputati c’è anche l’ex direttore sanitario della Asl di Pavia, Carlo Chiriaco, ritenuto dagli investigatori una “figura emblematica” della infiltrazione delle cosche nel mondo istituzionale.

Invece, come ha spiegato Boccassini, le posizioni degli indagati per l’omicidio del boss Novella, avvenuto nel 2008, sono state stralciate e per loro si procederà con la chiusura delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio. Come ha spiegato il procuratore della Repubblica Pignatone, invece, la parte dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio verrà probabilmente chiusa a gennaio con il deposito degli atti e la richiesta di rinvio a giudizio. “Il ramo reggino è più indietro – ha spiegato Pignatone – anche per problemi di organizzazione delle risorse”.

In conferenza stampa Ilda Boccassini, che aveva coordinato l’operazione ‘Crimine’, ha lanciato un allarme sull’”omertà” degli imprenditori milanesi: “Nonostante il maxiblitz che nel luglio scorso ha portato a decine di arresti tra Milano e Reggio Calabria, nel capoluogo lombardo gli imprenditori non denunciano di essere vittime di episodi di estorsione e usura”. “A Milano – spiega Boccassini – non risultano denunce di imprenditori. Non possiamo immaginare che, dopo l’operazione ‘Crimine’, i fenomeni di estorsione e usura siano stati eliminati. Nonostante l’operazione di luglio e di interrogatori di persone che hanno ammesso i fatti – insiste il magistrato – non ci stanno pervenendo denunce. Questo è un dato sintomatico di cui dobbiamo prendere atto”. “Non abbiamo davanti alla porta – continua il pm- una serie di persone che chiedono di parlare con noi e denunciare usure, danneggiamenti, incendi, strane sparizioni nei cantieri che, pure, sappiamo esistono ancora, perché le stiamo monitorando”.

Neppure le associazioni di categoria sembrano essere di aiuto alla magistratura sul fronte della lotta alla criminalità organizzata. Diversamente da quanto avvenuto a Palermo, dove Confindustria ha fornito un apporto decisivo per far emergere il fenomeno del racket, “né a Milano, né a Reggio Calabria – afferma Boccassini – ci sono esperienze simili”. Oltretutto, il pm sottolinea che “in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, è molto più facile per la criminalità agganciare chi è in difficoltà”. “Dobbiamo cercare di capire perché nessun imprenditore denuncia”, conclude Boccassini.

L’attenzione dei mass media rispetto al fenomeno della ‘ndrangheta “è importantissima e quasi decisiva – ha affermato il procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone – perché peggio di tutto è il silenzio”. Il magistrato, in particolare, ha fatto riferimento al grande spazio che hanno avuto sui giornali le recenti inchieste delle Dda di Milano e Reggio Calabria a contrasto della mafia calabrese e delle sue infiltrazioni nel Nord Italia. “L’attenzione mediatica – ha ribadito Pignatone – è molto importante, perché in questo modo l’opinione pubblica può rendersi conto che esiste il problema, e serve anche a Reggio Calabria”.

Riguardo al presunto coinvolgimento di alcuni politici nella recente inchiesta ‘Infinto’ della Dda di Milano e alle polemiche su alcune affermazioni dei giorni scorsi, il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha spiegato oggi ai cronisti che “si chiacchiera molto, ma noi lavoriamo sui fatti”. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini ha chiarito che con la ‘discovery’ degli atti dell’inchiesta che c’è stata, i giornalisti possono sapere “chi è stato sfiorato dall’inchiesta e chi si è incontrato con Tizio e con Caio”. Entrambi i magistrati hanno ribadito che la Procura lavora “sui fatti”.
Dal sito web di "Il Fatto Quotidiano" del 15/12/2010